Negli ultimi anni, la sostituzione delle relazioni per migliorare “l’efficienza” sembra sia diventata una nuova moda. C’è chi cerca di ridurre o delegare alle macchine l’aspetto relazionale quasi fosse una perdita di tempo…. Il problema è che si stanno creando sostituti relazionali sempre più avanzati, ma inevitabilmente artificiali.
Dai chatbot che simulano conversazioni, ai risponditori intelligenti che eliminano il bisogno di un contatto umano, fino alle assistenti robot che accompagnano il paziente. La tecnologia sta tentando di colmare il bisogno di connessione, spesso con effetti controproducenti.
Il problema qual’è? L’eliminazione degli aspetti relazionali, nel tempo, può compromettere la fiducia dei pazienti, ridurre la fidelizzazione e trasformare lo studio in un ambiente impersonale, minando la percezione di qualità e attenzione al paziente stesso. Molte ricerche dimostrano che la mancanza di relazioni sociali è un fattore di rischio per la salute paragonabile all’ipertensione, alla sedentarietà, all’obesità o addirittura al fumo. In altre parole, la bassa quantità e qualità di relazioni non solo influisce negativamente sul benessere psicologico, ma riduce anche l’aspettativa di vita. Non a caso, la massima punizione negli istituti di pena è l’isolamento.
Il nostro cervello è cablato per la socialità, e qualsiasi surrogato digitale, per quanto sofisticato, non può sostituire il calore e l’autenticità di un’interazione umana.
Dal chatbot alla reception robotizzata: cosa perdiamo davvero?
L’odontoiatria ha una grande componente relazionale e quindi la sostituzione di tale aspetto diventa ancora più evidente. La corsa all’automazione sta portando alcuni studi a sostituire la figura della segretaria con un risponditore automatico capace di schedulare appuntamenti, rispondere alle domande più frequenti e persino ricordare ai pazienti i loro impegni. Ci sono cliniche che sperimentano l’uso di robot per accogliere i pazienti in sala d’attesa. Apparentemente tutto funziona, è efficiente, è veloce.
Ma il prezzo da pagare è altissimo: la perdita di quel legame di fiducia che un paziente costruisce con lo studio. La relazione non è solo un dettaglio, è il fondamento della nostra professione.
Pensiamo alla classica telefonata del paziente. Una segretaria esperta sa percepire lo stato d’animo di chi chiama, modulare la voce, trasmettere sicurezza, smorzare eventuali preoccupazioni con un tono rassicurante. Un chatbot, per quanto evoluto, sarà sempre freddo, impersonale e incapace di leggere tra le righe. Come può un “file digitale” ricordarsi di ogni caratteristica o preoccupazione di quel particolare paziente?
E che dire del paziente in sala d’attesa? Se ad accoglierlo c’è un assistente che lo chiama per nome, lo guarda negli occhi e gli chiede come sta, sentirà di essere in un luogo familiare, di fiducia. Se invece viene convocato da un robottino con un display che gli dice “Paziente Rossi, prego accomodarsi”, l’esperienza diventa sterile e asettica.
Il futuro? Studi dentistici con più relazione, non meno.
Mi ricordo quando Omer Reed (il Guastamacchia americano) mi raccontò che già negli anni ’70 aveva introdotto i computer nello studio dentistico per umanizzare il rapporto con il paziente. In pratica per ogni cartella aveva una area “colloquiale” che lo aiutava a relazionarsi con le persone che curava, in tempi molto brevi.
Il successo degli studi odontoiatrici nei prossimi anni non sarà determinato da chi riuscirà a ridurre il più possibile l’interazione umana, ma da chi saprà preservarla. Perché la fiducia è l’elemento chiave che spinge i pazienti a tornare. Nessuno si affeziona a un’intelligenza artificiale. Nessuno si sente accolto da un risponditore automatico.
Se è vero che l’automazione può essere utile per snellire alcune procedure (riconferma appuntamenti, gestione pagamenti online, reminder automatici), è altrettanto vero che l’anima di uno studio è nelle persone che ci lavorano e nella relazione che costruiscono con i pazienti.
Le tecnologie devono essere al servizio della relazione, non sostituirla. Come la velocizzazione di una relazione scritta durante la prima visita o la raccolta di momenti colloquiali in un area del computer che si apre all’inizio della seduta per agevolarci nell’accoglienza o nel rapporto con il paziente. Questo migliora la fiducia e la soddisfazione del paziente. Lo studio dentistico che riuscirà a mantenere un contatto umano forte avrà sempre un vantaggio competitivo rispetto a chi ha scelto di delegare tutto alle macchine.
Nel nostro mondo, la relazione non è un semplice dettaglio operativo, ma un elemento essenziale che distingue la nostra professione e la rende unica. È il fondamento del nostro lavoro e la base della nostra esistenza in quanto dentisti. Il futuro premierà chi saprà preservarla.
Rirpoduzione riservata
dr.Tiziano Caprara
1) J. S. House K. R. Landis and D. Umberson “social relationship and health” science 241 1988 pp540.545