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DR TIZIANO CAPRARA

La nuda Verità

Febbraio 12, 2016

Parte1: Tendenze economiche dei pazienti

Le percezioni…che bella cosa. Ognuno dice la sua, è il bello della democrazia. Il brutto è quando qualcuno si autodefinisce “esperto” e vuole insegnarci a gestire la professione. Allora cambia tutto. Una percezione sbagliata può cambiarci la vita e spesso gli errori che derivano sono difficili se non impossibili da rimediare. Le percezioni sono interessanti, anche per paragonare punti di vista, ma poi alla fine devono lasciare il passo alla realtà del dato di fatto. Qui casca l’asino o meglio l’esperto improvvisato.

Riguardo alla nostra professione se ne dicono tante. Secondo il “mainstream” dominante è ormai morta e noi siamo praticamente degli “zombie”. Editorialisti, esperti, responsabili di associazioni, aziendalisti, colleghi-aziendalisti…tutti a ricordarci che non dovremmo neanche esistere, come gli arrotini o gli spazzacamini.

Ma è proprio così? Le problematiche e gli attacchi alla nostra professione sono tanti tuttavia per molti colleghi questi sono stati gli anni migliori. Quando ascolto i giudizi sulla “morte” della professione e dello studio monoprofessionale prima di tutto “tocco ferro” (non si sa mai…), dopodiché cerco di conoscere il pensiero dell’unica persona che decide il destino della nostra professione: il paziente. Ho quindi effettuato una ricerca su scala nazionale per valutare come si sta evolvendo la professione rispetto a due ambiti: scelta economica del paziente e convenzionamenti. Sono indagini che effettuo periodicamente da vari anni e mi danno il polso della situazione.

Effettuo tali ricerche perché quello che mi guida sono i dati, non le percezioni. Solo attraverso queste informazioni posso fornire ai colleghi consigli utili che migliorano la loro qualità di vita lavorativa, sia economica sia personale. Non riassunti di libri o percezioni soggettive, come riporta chi non vive la nostra professione, ma esperienze e ricerche dirette. Solo così si possono avere risultati reali e non percepiti.

L’indagine è stata eseguita su un campione rappresentativo della popolazione italiana (1018 questionari), secondo quote di sesso e classe di età riferite agli ultimi dati ISTAT.

E’ interessante valutare i risultati paragonandoli a quelli dei sondaggi precedenti. Quello che si nota è che il 2013 ha segnato la realtà odontoiatrica (e quella di altre attività economiche), ma che attualmente è in atto un miglioramento.

 

FREQUENTAZIONE DEGLI STUDI DENTISTICI:

Questo primo dato ci conferma il fatto che spesso ci vengono fornite informazioni sbagliate/false per convincerci di qualcosa. Nel 2008 un esperto bocconiano saltò fuori con una notizia che poi venne riportato da tutta la stampa mainstream: solo il 37% delle persone va dal dentista almeno un volta all’anno. La famosa frase “solo un terzo degli italiani va dal dentista” nacque proprio allora su questi dati palesemente errati. L’European Global Health Indicator Development, l’Ispo di Mannheimer (e il sottoscritto…) hanno ampliamento confutato tali dati riportando valori compresi tra il 50 e il 60% (molto distanti dal 37%).

 

In questa ultima ricerca i dati di frequentazione sono i seguenti:

“Lei personalmente con quale frequenza si reca dal dentista”

“Lei personalmente con quale frequenza si reca dal dentista”

 

Confrontando i dati dei precedenti sondaggi si nota che il numero delle persone che frequentano il dentista almeno una volta all’anno è tornato a a salire (dopo la discesa del 2013).

Percentuali di pazienti che si recano almeno una volta dal dentista

Percentuali di pazienti che si recano almeno una volta dal dentista

Da notare che chi si reca più frequentemente del dentista sono i più giovani (18-24 aa 62,1%) rispetto ai meno giovani (65 aa e oltre 47,9%), le donne (54,5%) rispetto agli uomini (51,9%) e nord (56,5%) rispetto al sud (44,4%)

SIAMO CARI?

Si, lo sappiamo, non occorre organizzare un sondaggio per conoscere la risposta. Il dentista è “caro, ma bravo” di default. Tuttavia è importate valutare quanto vale questo aspetto nella scelta del proprio dentista di fiducia e nelle abitudini odontoiatriche.

Ho fatto quindi la domanda proibita, la domanda che ogni dentista teme: “Cambierebbe il suo dentista di fiducia per un altro solo per motivi economici?” Vediamo come è andata:

“Cambierebbe il suo dentista di fiducia per un altro solo per motivi economici?”

“Cambierebbe il
suo dentista di fiducia per un altro solo per motivi economici?”

Beh un 38,7,% non è un numero basso. Infatti se un 10% vuole cambiare studio sono preoccupato, se tale percentuale sale al 20% sono MOLTO preoccupato, se superiamo il 30% inizio a pensare di chiudere lo studio… Tuttavia tali valori vanno confrontati con quelli degli anni precedenti. Com’è cambiata nel tempo questa percezione?

grafico-si-no-cambiamentiCome si nota la percentuale delle persone che non cambierebbe dentista per ragioni economiche sta aumentando costantemente negli anni, mentre le persone che cambierebbero il dentista per uno che costa meno è fluttuante in base alla situazione economica e senz’altro quella del 2013 ha segnato molto tale scelta.

Anche in questo caso ci sono differenze per età, nel senso che i giovani 18-24 aa (47,9%) cambiano più dei meno giovani >65aa (35,2%), le donne (38,1%) cambiano meno degli uomini (39,3%), mentre nord e sud sono pressoché simili.

La domanda precedente tuttavia valutava una situazione ipotetica, una intenzione, espressa appunto dal modo condizionale del verbo “cambierebbe…”. Certamente anche noi risponderemmo in un certo modo se ci ponessero domande su situazioni ipotetiche del tipo “ti piacerebbe vivere senza lavorare…”. Poi però quello che accade nella realtà è molto diverso dall’intenzione.

Abbiamo quindi fatto una domanda che analizzava se all’intenzione era poi seguito un comportamento congruente. Abbiamo chiesto: “La situazione economica ha modificato le sue abitudini in ambito di cure dentali/frequenza del dentista?” La risposta è stata la seguente:

La situazione economica ha modificato le sue abitudini in ambito di cure dentali/frequenza del dentista?

La situazione economica ha modificato le sue abitudini in ambito
di cure dentali/frequenza del dentista?

 

In questo caso il desiderio sembra essere confermato dai comportamenti conseguenti. Vediamo di confrontare sempre tali valori con quelli degli anni precedenti:

grafico-confronto-valori

Anche questi dati mettono in evidenza che gli effetti del periodo “nero” del 2013 sembrano essere in calo, in quanto le persone che non hanno cambiato abitudini risulta essere la maggioranza rispetto ai valori negativi del 2013.

Le persone che hanno cambiato meno le abitudini sono i più giovani, 18-24 aa,(31,9%) e i meno giovani, >65aa (35,2%) mentre quelli che hanno cambiato maggiormente sono i pazienti tra i 35 e 44 aa (49,7%). Le donne hanno cambiato meno le loro abitudini (45,8%) rispetto agli uomini (64%). Più al sud (46,5%) rispetto al nord (42,5%), anche se i valori sono abbastanza simili…la situazione economica ormai da anni è endemica, non conosce territori.

A questo punto chi legge (e anch’io quando ho visto per la prima volta tali dati…) si potrebbe “un pò” preoccupare. Infatti, come dicevamo, se un 10% dei nostri pazienti cambia abitudini dentali probabilmente non si rimane tranquilli, se lo fa un 20% si inizia a sudare, se un 30% cambia la frequentazione dal dentista si pensa a chiudere lo studio.

La domanda successiva si è quindi concentrata su quali fossero le “abitudini dentali” che i pazienti avevano modificato. Avevano cambiato dentista? Andavano tutti all’estero? Oppure avevano iniziato ad automedicarsi?

Ho quindi approfondito tali motivazioni con una domanda rivolta solo a quella percentuale di pazienti che avevano modificato le abitudini dentali (le barre rosse del grafico precedente). Ho chiesto: “Cosa ha cambiato?” la risposta è stata molto interessante.

cosa-ha-cambiato

Come si vede tale cambiamento si traduce principalmente in 3 comportamenti:

  1. Posticipo le cure: questo comportamento ha una duplice significato. Da una parte può senz’altro dispiacere che le persone decidano di rinviare interventi che magari sono necessari o che rimandino la soluzione di situazioni che in futuro potrebbero peggiorare con conseguente aumento di terapie e di costi. Tuttavia può anche essere letto in maniera diversa. La nostra professione, a differenza delle attività imprenditoriali low cost, è “life-time”, cioè il dentista solitamente segue un percorso professionale che lo porta a gestire un’attività per tutta la sua vita. In questo modo possiamo seguire i nostri pazienti nel lungo termine, come fossero in “cura a vita”, considerando l’evoluzione della patologia orale. Il paziente può quindi eseguire la terapia seguendo i “suoi tempi”. A differenza delle attività sanitarie imprenditoriale che vogliono realizzare tutta la terapia in poco tempo, noi possiamo far si che i pazienti possano seguire un percorso terapeutico nel tempo, grazie alla nostra supervisione. Questo cambiamento di abitudini dentali, va incontro al nostro approccio professionale rispetto a quello sanitario- commerciale dei franchising e low cost. Chiaramente questo non ci deve esonerare dallo spiegare al paziente quali sono le priorità terapeutiche e quali i rischi di eventuali terapie rimandate. Il fatto di non intervenire è già di per se una scelta che comporta vantaggi e svantaggi.
  2. Vado meno dal dentista: Questa purtroppo è un abitudine malsana che comporta inevitabilmente un peggioramento della situazione e un aumento di costi futuri. Il paziente spera in cuor suo che una volta passato il fatto acuto, la situazione si stabilizzi se non addirittura guarisca da sola. Le patologie orali tuttavia essendo ad eziologia infettiva, non solo difficilmente guariscono , ma sono destinate a peggiorare in maniera più o meno veloce. Bisogna spiegare che andare dal dentista non è un lusso, ma lo è il non andarci. Infatti solo chi dispone di ampie disponibilità può permettersi di non andare da dentista e quindi affrontare successivamente lunghe e complesse terapie. Se invece vogliamo risparmiare, la scelta obbligata è senz’altro quella di frequentare periodicamente il dentista di fiducia. Solo attraverso la prevenzione possiamo prevenire eventuali problematiche e risolverle con brevi e piccoli interventi. E’ compito del dentista far comprendere che tale importante aspetto, influisce sulla salute e sul “portafoglio” del paziente.
  3. Cambio con uno più economico /ASL (servizio pubblico):come si vede le percentuali di chi cambia dentista sono variate negli anni.
    • 2012: 14,1% (altro dentista)+12,1% (ASL)=26,2% . Questa percentuale riguarda però solo quelli che hanno cambiato abitudini (40,4%) e quindi rappresenta il 10,58% del totale dei pazienti (26,2% del 40,4%).
    • 2014: 11,7% (altro dentista)+10% (ASL)=21,7% . Considerando la percentuale di quelli che hanno cambiato abitudini (52,6%) rappresenta il 11,41% del totale dei pazienti (21,7% del 52,5%).
    • 2016: 12,2% (altro dentista)+2,8% (ASL)= 15% . Considerando la percentuale di quelli che hanno cambiato del (41,1%) rappresenta il 6,16% del totale dei pazienti (15% del 41,1%)

I dati rilevano che il comportamento dei pazienti negli anni sta mutando. Si sta riducendo il numero di quelli che cambiano il dentista per uno più economico. Il paziente preferisce non andare dal dentista, piuttosto che cambiare il suo professionista di fiducia. Questo dato conferma una precedente ricerca (Quaeris 2013 – “Odontoiatria in Italia, il punto di vista dei pazienti e dei dentisti”), in cui si evinceva che solo un paziente su 6 preferiva ritornare a frequentare le realtà imprenditoriali odontoiatriche (low cost, odontoturismo, franchising) .

Tali ricerche stonano molto con le informazioni che normalmente ci vengono fornite dal mainstream mediatico che ci rappresenta una realtà diversa, in cui la maggior parte dei pazienti è sensibile al marketing e si rivolge a odontoturismo e imprenditori del dente.

E qui ritorniamo al nostro titolo, la nuda verità. Come mai esistono punti di vista così diversi. Ci dicono che siamo morti, ma quali sono le fonti di queste affermazioni?

Solitamente troviamo editorialisti di giornali in cui appare la pubblicità del franchising di turno, aziendalisti legati al mondo imprenditoriale-commerciale, dentisti/aziendalisti spesso collegati ad aziende di formazione imprenditoriale, bocconiani… Stranamente chi non appartiene alla nostra professione ci da per spacciati. Questo però non deve sorprendere: se sei nemico di qualcuno cerchi di convincerlo ad arrendersi in maniera da poterlo gestire e controllare.

Le sfide per la nostra professione sono molte, le conosciamo, ma la realtà è diversa da come ce la vogliono dipingere. I pazienti prediligono il rapporto con il dentista libero professionista. Amano il rapporto medico paziente. Senz’altro risentono di una situazione di mancata disponibilità, tuttavia se adeguatamente informati, investono nella salute. Inoltre siccome i soldi non sono molti stanno attenti a come spenderli. Le realtà commerciali vincono nel breve periodo, ma soffrono nel lungo. Il marketing pubblicitario spesso non supera la prova del passaparola.

Certamente non è tutto rose e fiori, ma non dobbiamo considerare la nostra una professione morta (come gli spazzacamini o gli arrotini…). Senz’altro siamo cambiati, ma siamo diventati dei Professionisti Evoluti, che sanno gestire meglio comunicazione e gestione. Non siamo e non potremmo mai essere degli imprenditori. Diventare imprenditore significa perdere i nostri valori di base e accettarne altri distanti dai nostri. Come dico sempre “la bocca del paziente è diversa se vista da un dentista o da un imprenditore”. Conosco vari dentisti-imprenditori e osservando il loro comportamento mi convinco sempre di più che questo passaggio non è solo un cambiamento terminologico, ma un vero e proprio cambiamento valoriale.

I pazienti stanno dalla parte del professionista. Anche il paziente non ama un dentista- imprenditore, né ama diventare ai suoi occhi un cliente, (malgrado quello che ci raccontano gli aziendalisti). Il capitale vuole dividere il rapporto medico-paziente per poter controllare quello che definisce un “mercato senza ciclicità”. Tuttavia questo significherebbe un peggioramento per la salute dei cittadini, uno dei principali valori della nostra società (come accaduto in altre parti del mondo dove il capitale gestisce la salute).

Ormai nel mondo di oggi stiamo assistendo ad un dualismo sempre più marcato. Da una parte il capitale, dall’altra le persone. Da una parte ci sono imprenditori che vendono prodotti a individui, dall’altra professionisti che offrono prestazioni in seguito ad una diagnosi a persone con cui si relazionano.

Bisogna capire da che parte stare.

Nella prossima parte il pensiero dei pazienti sui convenzionamenti

Dr.Tiziano Caprara
riproduzione riservata

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