Oggi l’argomento delle società in odontoiatria è più attuale che mai. C’è chi le promuove in maniera forsennata, chi le osteggia, chi ne è incuriosito e chi le considera un’inutile spesa. Per sapere se effettivamente convengano ho voluto chiedere ad un commercialista che opera da anni nel campo delle società in odontoiatria, il dr. Marco Snaidero, responsabile di un network nazionale di commercialisti che da anni supporta i colleghi odontoiatri in questa spinosa tematica. L’argomento infatti non è da poco. Scegliere questa formula fiscale significa stravolgere il proprio modo di gestire lo studio. E’ un cambiamento da cui difficilmente si può tornare indietro e che quindi va valutato attentamente.
Buongiorno dr.Snaidero la ringrazio molto di aver accettato questa intervista. Il problema società è infatti alquanto spinoso in tutti i sensi. Si parla molto oggi di Srl, Sas, Snc, Stp sembra che a nessuno piaccia più la vecchia e comoda “ditta individuale”… Secondo lei queste formule societarie, oggi, possono essere utili nel sostituire la formula classica in cui era organizzato il professionista?
È una domanda che ricevo dal 100% dei miei clienti odontoiatri a cui non è semplice dare risposta. La normativa societaria e tributaria è stata oggetto di un’ evoluzione repentina in questi ultimi anni, e pianificare un passaggio da ditta individuale a società commerciale non è più immediato.
Oggi, fatico molto a trovare degli effettivi vantaggi fiscali e previdenziali nella trasformazione dello Studio professionale in società commerciale. Sottolineo però che un anno fa la pensavo diversamente.
In questi ultimi cinque anni il numero delle società commerciali a livello nazionale è cresciuto molto, anche perché c’è stata una generale promozione delle società quale panacea di tutti i mali; io stesso ho promosso, a studi di dimensioni importanti, questo tipo di struttura. Oggi però, con l’inserimento dello 0,5% Enpam sul fatturato generato dalle società di tipo commerciale e il prelievo utili molto più esoso (non più sul 50% del prelevato ma secco al 26%) fiscalmente non ci sono effettivi vantaggi, anzi. Come non vedo particolari vantaggi dal punto di vista previdenziale.
La scelta dell’Srl certamente riduce il rischio patrimoniale, oltre a permettere una maggiore organizzazione grazie a numeri di bilancio chiari e utilizzabili per analisi più approfondite, e ad agevolare i passaggi generazionali. Credo che le strutture complesse, non di certo gli studi da 2/3 riuniti, lo possano vedere non come uno strumento di risparmio fiscale, ma di efficientamento. Sono due prospettive simili ma molto diverse.
Ho visto alcuni vostri colleghi proporre questo cambio senza poi definire bene, prima del passaggio, gli effettivi vantaggi e le eventuali problematiche. Il mio consiglio è quello di scegliere lo strumento societario solo dopo aver analizzato bene i costi e i benefici con un’ analisi molto dettagliata e soprattutto cercando di soffermarsi sulle peculiarità tipiche di ogni struttura.
Inserire dei parenti nella struttura può aiutare – non sempre – a risparmiare sull’ Enpam, ma dal punto di vista fiscale, a meno che non ci si trovi in una società che opta per un regime trasparente, oggi – vedremo domani – non ha più molto senso.
Il Mise però ha precisato che l’attività professionale può essere svolta solo da professionisti o Stp o strutture con “aspetto organizzativo prevalente”…questa è una posizione superata?
Beh direi di si, ora vi spiego anche perché. Il 23 dicembre 2016 con il parere 415099, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emesso un chiarimento, il primo di due, in merito ad un argomento al quanto dibattuto e soprattutto poco chiaro riguardo la possibilità di esercitare l’attività odontoiatrica in forma di società commerciale. Nel caso di specie, un collega Commercialista ha richiesto al registro imprese di iscrivere (denuncia inizio attività) una Srl con un codice ateco attinente l’attività professionale protetta. La camera di Commercio respingeva la pratica e richiedeva, su richiesta del commercialista, parere al Mise riportando le motivazioni.
Il Mise rispondeva precisando che l’attività professionale medica è indubbiamente protetta e che può, e deve, essere svolta solo da medici abilitati alla professione o da associazioni professionali ovvero da società tra professionisti (Stp), aprendo lo spiraglio alle società commerciali nel solo caso in cui vi sia una struttura di una tale complessità ove “l’aspetto organizzativo e capitalistico risulti del tutto prevalente rispetto allo svolgimento (pur presente) di attività professionali “protette””.. Successivamente a questo parere si sono aperti molti scenari che hanno necessariamente riportato il Mise, su richiesta dell’Andi di Bologna, a dare ulteriore parere in merito alla legittimità o meno di svolgere attività odontoiatrica per il tramite di società commerciali.
Occorre chiarire dei concetti di base: lo studio, aperto al pubblico e ai pazienti è basato su un rapporto contrattuale fiduciario, dove un professionista esercita l’attività in autonomia. A sancire il carattere personale delle sue prestazioni e a distinguerlo dall’imprenditore valgono l’art. 2229 CC e la legge 1815/1939, art. 1 e 2 (iscrizione in appositi albi).
L’ambulatorio, fondato sull’articolo 193 del testo unico leggi sanitarie (R.D. 1265/1934), è impresa (art. 2082 e seguenti cc).
La motivazione è sempre stata quella di garantire alla classe dei medici e dei dentisti una sorta di dovuta autonomia ma soprattutto di dovuta protezione determinata dal fatto che la tutela alla salute non possa essere demandata a terzi che non hanno o paventino almeno una figura personalistica della prestazione. Fino ad oggi la famosa riforma Bersani (decreto liberalizzazioni 1996) ha aperto battaglie donchisciottiane, perdonatemi, in tematiche al quanto spinose e poco chiare agli interlocutori finali, affidandosi molto spesso ad interpretazioni ancora più assurde.
Il tema è stato sicuramente spinoso e poco chiaro fino all’introduzione della legge 124/2017 che ha introdotto una disciplina specifica riguardo alcune categorie professionali quali gli Avvocati, Farmacisti e Odontoiatri. Questa legge, ha definitivamente abilitato e smarcato le società commerciali come soggetti che possono, previ alcuni accorgimenti giuridici – Direttore sanitario obbligatorio in una sola struttura ambulatoriale, opera svolta solo ed esclusivamente da odontoiatri abilitati -, svolgere attività odontoiatrica.
IL DR. MARCO SNAIDERO INTERVERRÀ AL CORSO
“LA PROFESSIONE CHE VERRÀ” IL 23-24 NOVEMBRE 2018
Interessante, vedremo quali saranno gli sviluppi futuri, considerando che leggi seguono le visioni dei governi, che cambiano nel tempo. Volevo però farti una domanda su un argomento che non a tutti è chiaro: La Srl in forma di Stp è tanto diversa da una Srl Commerciale?
Le differenze a livello fiscale e civilistico non sono molte, anzi pressoché inesistenti. Cambiano le regole d’ingaggio. La governance della Stp, è obbligatoriamente in mano ai soci professionisti per i 2/3 delle votazioni. Anche in questo si è fatta molta confusione, i 2/3 sono determinati esclusivamente dalle votazioni, non invece, come per gli avvocati, anche sulle quote sociali. Ci tengo però a precisare che non ho ancora visto, ad oggi, iscrivere Stp odontoiatriche con un capitale in mano per oltre 1/3 ai soci investitori. Gli Ordini, garanti di questa autonomia, posso decidere di non iscrivere Stp con capitale in percentuale troppo elevata rispetto al socio professionale.
Vi sono poi degli obblighi che differenziano l’Stp da una Srl, quali esempio: 1) la denominazione sociale deve contenere l’indicazione società tra professionisti; 2) la società deve essere iscritta all’albo professionale di appartenenza; 3)l’attività deve svolgere in via esclusiva attività professionale; 4)obbligo di poter partecipare ad una sola società tra professionisti; 5)l’obbligo di inserimento nello statuto della società della stipula di una polizza professionale a copertura dei rischi professionali
Trattandosi di una società tra professionisti, il venir meno di un socio professionista, comporta la necessità entro 6 mesi che questa figura venga ripristinata nella compagine sociale, al contrario una Stp necessariamente si deve sciogliere. Un’ ulteriore importante differenza rispetto ad una Srl commerciale è data dal fatto che la prestazione è legata principalmente al professionista. Il mandato professionale è redatto e gestito dalla società ma la responsabilità della prestazione e del rapporto contrattuale è del socio professionale. Si tratta di fatto di una associazione professionale vestita da Srl dove possono essere presenti anche soci non professionisti; il reddito viene gestito come una impresa e la responsabilità patrimoniale, nel caso della srl,è limitata. Detto ciò, la principale differenza che vi è ora , è sicuramente l’esclusione della percentuale dello 0,5% richiesta dall’enpam sul fatturato. Nel regolamento si è voluto eliminare per le Stp il contributo aggiuntivo. Su fatturati importanti non sono certo pochi soldi.
A proposto di questa percentuale sul fatturato che l’Enpam richiede a tutte le società che gestiscono studi odontoiatrici, non è ironico il fatto che si pubblicizzava la società come mezzo per risparmiare Enpam, tasse…e poi dopo aver realizzato tale formula societaria ci si ritrovi a pagare di più?
Il risparmio Enpam si presenta nel caso in cui la base imponibile sia molto allargata e pertanto qualora ci siano più soci. Sottolineo infatti che, poiché l’Enpam si versa anche sul reddito di impresa e quindi sugli utili non prelevati , se la base imponibile non è estesa ai soci investitori, a prescindere dal contratto di società, sarà richiesto comunque il versamento. Ben diverso è la situazione in cui il socio investitore, è presente nella compagine sociale. In quel caso il versamento non è dovuto. Se quest’ultimo è un componente della famiglia, allora il gioco è fatto… Motivo che ha spinto il ministero a supportare la proposta dell’Enpam per non perdere contributi, anche se poco rispetto al quanto sottratto dai dentisti con le strutture. Infatti l’intento e l’inserimento dello 0,5% e, mi parrebbe di capire, più un intento di spinta a non fare una società piuttosto che di recupero dei contributi persi.
Dal punto di vista fiscale invece, come spiegato, è diventato molto costoso. L’allargamento della base imponibile non permette in alcun modo di avere una riduzione dell’aliquota. Faccio un esempio pratico, utile lordo generato dalla società x, quest’ultima pagherà il 27,9% circa di imposte,( ires 24% + irap 3,9%). L’utile netto su es. 100.000 euro è pari a, 72.100 euro, quest’ultimo viene prelevato dal socio. La tassazione che viene applicata sul prelievo dal 2018 è pari al 26% a titolo d’imposta su 72.100 euro. L’importo delle imposte sul reddito da socio è pari 18.746 euro (26% di 72.100) . Il totale (imposte azienda + imposte socio) è pari a 46.646 euro (27.900+18.746) . Questo è un importo pari al 46,6%. È impossibile che una ditta individuale o associazione professionale oggi paghi una aliquota pari al 46,6%. Infatti l’aliquota massima oggi presente nel sistema fiscale italiano è pari al 46% per redditi oltre i 300.000 euro.
In precedenza, invece, il reddito generato dal prelievo veniva detassato di circa il 50%. Questo, numeri alla mano, comportava una riduzione dell’aliquota del socio. Soprattutto con basi imponibili estese. Chissà cosa succederà con la flatax!
Beh non è proprio conveniente… alcuni dicono di lasciare dentro gli utili e di spesarsi tutto (vestiario ecc). Però in alcuni casi si arriva a fenomeni di elusione che in parole povere è evasione… So che i controlli sono ormai molto attenti a questi aspetti di cui riconoscono gli ambiti. Tornando allo 0,5% … questa quota versata dalla società andrà persa o verrà in qualche modo recuperata?
Come anticipavo, l’Enpam si è pronunciata chiaramente con una nota, dove ha precisato che questo contributo è dovuto solo dalle società commerciali e non dalle Stp. Questo perché le Stp vengono, comparate agli studi associati. Per coloro che detengono, anche al 100% come dentista medico, la società commerciale, da quest’anno dovranno pagare questo contributo aggiuntivo, e purtroppo non a titolo di acconto su quanto da versare. Sarebbe interessante capire con un interpello come mai una società commerciale detenuta dal 100% dei dentisti debba essere ritenuta diversa da una Stp che potrebbe, paradossalmente, essere detenuta dal 99% da soci di capitale. Sarebbe giusto che questo contributo venga a mio avviso utilizzato a titolo di acconto verso i soci odontoiatri. Ci sono sicuramente punti di debolezza in questa norma.
Da quanto ne so le Stp tra i professionisti non sono tutte uguali…quelle degli avvocati sono “più uguali “delle altre…è vero?
Le STA (società tra Avvocati), rispettano il concetto di società tra professionisti; il socio non professionista non può partecipare all’amministrazione e non può detenere più di un terzo del capitale della società. Direi che gli Avvocati si sono giocati molto bene la loro partita. Hanno saputo eliminare definitivamente il rischio che la professione forense, che tutela il diritto alla difesa di ogni cittadino italiano, possa in alcun modo essere esercitata ma soprattutto gestita da soggetti non di categoria. Fare scelte organizzative o di gestione, quando chi detiene il potere e la governance, è un investitore, non è la stessa cosa. Soprattutto quanto si parla di difesa e nel caso degli odontoiatri di salute.
Perchè secondo te c’è stata questa agevolazione per gli avvocati e questa penalizzazione degli odontoiatri?
Perché gli Avvocati da sempre si sono mossi molto bene a livello politico, sono tanti in parlamento. Credo che la categoria degli odontoiatri, dopo il decreto Lorenzin e, ancor prima con Bersani nel ‘96, non abbia altresì saputo difendersi nel modo corretto. Se avessero lavorato bene, il parere del Mise non sarebbe stato superato e sarebbe stato possibile effettuare delle correzioni alla normativa delle Stp, bloccando l’iter che oggi permette di svolgere attività odontoiatrica anche alle società commerciali. Sembra proprio che il legislatore abbia cassato la struttura della Stp ordinaria nel mondo odontoiatrico favorendo invece le società commerciali. Anche se non vi è una società ad hoc, potremmo dire che di fatto esiste e sostituisce in tutto e per tutto le Stp ordinarie.
Alla luce del passaggio generazionale quale formula tra quelle presentate ritieni più opportuna?
Le società commerciali richiedono una maggiore organizzazione, i numeri di bilancio sono chiari, è possibile fare pianificazione fiscale, gli studi di settore sono meno invadenti, il passaggio generazionale avviene per vie molto più semplici con una moltitudine di opzioni, si riducono le responsabilità contrattuali che nel caso dello studio professionale normale sono sempre in capo al titolare, sono cedibili a chiunque non solo ad odontoiatri. Insomma, ci sono davvero tante motivazioni che spingono a scegliere a prescindere dal risparmio fiscale lo strumento societario commerciale. Provate solo ad immaginare una famiglia con un padre odontoiatra che si ammala, l’autorizzazione assegnata a quest’ultimo è fondamentale, non mi permette di tenere aperto se quest’ultimo non lavora. Rendere la struttura immobiliare e mobiliare di tipo ambulatoriale mi permette di poter sostituire in caso di problemi il direttore sanitario dando continuità a prescindere alla struttura. Sembrano delle banalità ma preservare l’avviamento di una struttura non è una cosa da poco.
Tuttavia il presidente CAO dr. Raffaele Iandolo ricorda che le strutture di capitali dovrebbero essere tutte Stp per un maggior controllo e per una maggiore tutela del paziente. Cosa ne pensi. Vedi un futuro in questo senso?
Sicuramente il dr. Landolo ha ragione. La professione non dovrebbe essere lasciata in mano al capitale. Purtroppo però l’Europa e il mondo in generale ci spinge altrove. La normativa sulle Stp non è altro che un adeguamento al mercato Europeo che da decenni ha aperto al capitale nelle professioni. Mi rendo conto che come categoria si debba cercare di difendersi il più possibile da questi attacchi diretti, ma è anche vero che in tutti questi anni nessuno ha fatto molto. Ho riportato prima la differenza che vi è tra una società tra Avvocati (StA) e una tra Odontoiatri. Di tempo per intervenire ce ne è stato molto, ma ad oggi la verità è che le società commerciali continuano ad aumentare e si sposano con il nostro ordinamento più di prima. Sinceramente trovo difficile bloccare un iter consolidato come quello che si è creato in Italia nel mondo sanitario ambulatoriale. Sembra che i Legislatori vadano in un verso e la categoria in un altro. Ad ogni modo trovo che lo strumento del contratto di società quale è l’Stp non sia pronto nel nostro ordinamento. Tutto è ancora poco chiaro, come tutte le cose in Italia necessitano di tempo. Non è chiaro il tema previdenziale, da poco è stato scagionato il tema della qualificazione dei redditi, insomma prima di consigliare una Stp ad un mio cliente aspetterei ancora un pò. Trovo inoltre molte limitazioni nella creazione di una Stp rispetto che ad una Srl commerciale, prima tra tutti, la limitazione alla sola prestazione professionale. Ci sono molti odontoiatri che svolgono anche attività non odontoiatriche e che utilizzano lo strumento societario per gestire svariati interessi. Il fatto di poter partecipare ad una sola società tra professionisti, limita il professionista al suo mondo, senza potersi affacciare ad integrazioni di altro livello . Anche nei passaggi generazionali trovo l’Stp più limitata rispetto alla società commerciale… ad ogni modo vedremo cosa succederà… in Italia tutto è davvero possibile.
Come pensi evolverà la situazione dell’odontoiatria italiana dal tuo osservatorio privilegiato?
L’odontoiatria sta invecchiando, sempre meno giovani vogliono aprire uno studio proprio, c’è bisogno che le associazioni di categoria e gli enti preposti imparino a comunicare meglio, già nelle scuole e nelle università. Molti studenti non vedono un futuro e hanno paura di approcciarsi al mercato del lavoro. Servono idee ma, soprattutto, metodi innovativi di inserimento dei giovani nelle strutture. Lo studio tradizionale impostato e gestito totalmente dal singolo dentista è destinato e cambiare. Sempre di più ci si fonderà in network tra colleghi per risparmiare costi ed utilizzare politiche simili di gestione. Nel mercato sempre più competitivo di oggi, la logica del piccolo, micro studio, magari disorganizzato, troverà molte difficoltà. Servono strutture efficienti, formate, con personale adeguato, con logiche di gestione organizzata.
Grazie ancora…
dr.Tiziano Caprara
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