In Odontoiatria, come negli altri ambiti dell’informazione pubblica, non sempre le informazioni sono correlate alla realtà. Qualche volta l’informazione può essere utilizzata
come strumento per creare un determinato comportamento o cercare consenso su un certo punto di vista.
Mi ritorna sempre alla mente quella volta in cui ci raccontarono che i Fondi avrebbero salvato la professione, in quanto solo il 30% dei pazienti frequentava il dentista. Il meccanismo era il seguente:
Quell’affermazione (solo il 30% dei pazienti frequenta abitualmente un dentista) mi sembrò molto diversa dalla mia esperienza personale (nel mio studio i pazienti ritornavano…) e quindi effettuai un sondaggio con un ditta certificata per valutare quali fossero i reali comportamenti dei pazienti. Venne fuori che i pazienti che frequentavano il dentista erano il 60%, molto distante da quello aveva affermato il “mainstream”. Tale valore fu successivamente confermato dal sondaggio del IPSO di Mannheimer “Figura del dentista oggi” che riportò una percentuale del 57% e dall’European Global Oral Health Indicators Development nel 2009 che identificava nel 52% gli italiani che si rivolgevano abitualmente al dentista (per non parlare di altre ricerche come quella della regione Lombardia,
“Odontoiatria e Fondi sanitari” 2004, che riportava valori del 76% ).
Tali dati mi confermarono ancora una volta che ciò che ci viene spacciato come verità assoluta non sempre rappresenta la realtà.
Per questa ragione periodicamente analizzo la situazione odontoiatrica attraverso delle interviste conoscitive a pazienti e a dentisti. Quest’anno, a marzo, ho effettuato una ricerca su 804 pazienti e 1064 dentisti in tutta Italia, per conoscere l’aspetto economico generale dell’Odontoiatria Italiana.
QUESTIONARIO PAZIENTI
Le domande hanno riguardato la scelta e le abitudini di frequentazione del dentista, rapportate all’attuale situazione economica. Ho voluto analizzare questi aspetti anche per valutare quanto possano influire sulla nostra professione .
Tali informazioni ci permettono di attivare strategie efficaci, che vanno incontro alle reali esigenze dei pazienti. La ricerca infatti riporta il reale pensiero dei cittadini e non si basa su percezioni personali o inutili teorie .
La prima domanda è sempre quella riguardante la scelta del dentista. E’ interessante conoscere quali sono i parametri che intervengono in questa importante decisione.
Domanda 1: Cosa è importante nella scelta del dentista di fiducia?
Normalmente i due fattori principali, fin dal 1995 anno della prima ricerca, sono sempre stati “professionalità”, al primo posto e “relazioni umane” al secondo. Quest’anno, per la prima volta, troviamo “Buone relazioni umane e atmosfera” al primo posto, segno che tale fattore riveste un’importanza sempre maggiore per il paziente. Le relazioni richiedono tempo che solo lo studio monoprofessionale o associato può fornire. Infatti nelle strutture di capitali basate su tempari e sulla molteplicità di operatori, difficilmente si riesce a dedicare tempo alla relazione. Questo quindi rappresenta “IL punto di forza” della nostra professione. Disconoscerlo, per concentrarci sul prezzo o non dedicargli il giusto tempo, significa crearci la crisi da soli.
Al terzo posto troviamo “Adeguatezza del tempo dedicato alla terapia”. Questo significa che il paziente vuole avere una maggiore attenzione e che la qualità della terapia viene correlata al tempo. Per questo è fondamentale dedicare tutto il tempo necessario alla prima visita, la seduta più importante attraverso la quale il paziente ci sceglie.
Il “Prezzo vantaggioso dei servizi” non cambia la sua posizione e si piazza come sempre al quarto posto. Soltanto nel 2008 si trovava al terzo posto nella scelta del dentista. Come si nota questo è un fattore rilevante anche se non fondamentale nella scelta, in quanto esistono altri tre parametri (professionalità, atmosfera, tempo) che vengono reputati più importanti rispetto al costo della prestazione. Per questo motivo i low cost rappresentano ancora il 5% della realtà odontoiatrica. Se infatti il prezzo si trovasse al primo posto, difficilmente il dentista monoprofessionale troverebbe spazio lavorativo. Il fatto per cui noi esistiamo come dentisti associati o monoprofessionali è dovuto al fatto che ci sono altri fattori che intervengono nella scelta del dentista e che determinano la nostra presenza.
Al quinto posto troviamo “Igiene e sterilizzazione dello strumentario”. Questo è un fattore fondamentale, anche se certe volte viene dato per scontato. E’ perciò sempre utile mettere in mostra tutti i nostri sforzi riguardo tale aspetto (sala sterilizzazione a vista, apertura buste ecc). Nelle ricerche precedenti era presente al terzo posto.
E’ utile confrontare i risultati dei pazienti con quelli degli odontoiatri per valutare eventuali differenze.
Per quanto riguarda l’“Adeguatezza del tempo dedicato alla terapia” si può notare che esiste una notevole differenza tra le due percezioni . Per i dentisti non sembra essere un valore così importante (solo 3,3%), mentre per il paziente si trova al terzo posto (14,3%).
Ciò sta a significare che potremmo rischiare di perdere dei pazienti perché non dedichiamo il giusto tempo o facciamo percepire tale condizione. La prima visita, come già espresso, rappresenta il principale indicatore di tale parametro.
Anche il prezzo è diverso nelle due percezione, tuttavia questo è un fatto che si ripete negli anni, nei vari questionari. Chiaramente il paziente vuole un servizio personalizzato ad un costo vantaggioso, due fattori che non sempre è possibile associare, causa i costi gestionali della nostra professione (eventuali promesse in tal senso rimangono più negli avvisi pubblicitari, che nella realtà).
Questo non significa ridurre il tariffario (fatto per molti impossibile se non si vuole rischiare la chiusura…), ma rivalutare alcune iniziative rivolte alla prevenzione (quella vera) o a certe fasce di persone. Questo è un argomento delicato per tutta una serie di implicazioni, che tuttavia sarà da affrontare in futuro.
Anche la “Possibilità di dilazionare i pagamenti” è vista di buon occhio da parte del paziente. In questo caso il dentista sembra assecondare, per quanto possibile, tale richiesta.
La differenza del parametro “Passaparola positivo di parenti e amici” tra dentista e paziente è comprensibile in quanto l’odontoiatra vede solitamente persone che sono state consigliate da amici e parenti e quindi considera questo fattore come il principale parametro nella scelta. In realtà il paziente ottiene informazioni da parenti e amici, ma poi elabora le sue scelte in base ad altri fattori soggettivi (atmosfera, professionalità) che si realizzano nella prima visita. Durante questo primo appuntamento infatti non è soltanto il dentista che visita il paziente, ma anche il paziente che valuta il dentista.
La “Dotazione tecnica esclusiva dello studio” è considerata più importante da parte del paziente, mentre le “Modalità attraverso cui viene seguito il paziente” (il piano controlli) è reputato più rilevante da parte del dentista. Tali differenze sono imputabili alla asimmetria informativa, che fa percepire in misura diversa tali aspetti.
Il paziente reputa meno importanti i controlli, in quanto non è conscio dell’efficacia della prevenzione. In questo caso spetta a noi motivarli adeguatamente, utilizzando anche la leva prezzo, per far capire che “Prevenire è meglio che pagare”.
Per quanto riguarda gli aspetti strutturali è giusto che il dentista si aggiorni (anche acquistando nuove tecnologie), tuttavia questo aspetto viene sopravalutato dal paziente probabilmente a causa della pubblicità su particolari aspetti. Non è detto infatti che possedere un macchinario renda il dentista automaticamente più bravo. Molto verosimilmente in questi casi si innesca il fenomeno psicologico dell’effetto “alone” (se il macchinario è moderno, allora il dentista deve essere per forza aggiornato).
Un’altra domanda abituale è quella riguardante le abitudini di frequentazione del dentista. E’ utile confrontare tali risultati con quelli del questionario del 2012, per valutare come è cambiato tale comportamento.
Domanda 2: Mediamente ogni quanto frequenta uno studio dentistico?
Anche se i “non rispondenti” sono stati quest’anno più numerosi, tuttavia il risultato dimostra che i pazienti che frequentano il dentista sono diminuiti. Infatti la percentuale delle persone che seguono un programma di richiami e controlli (almeno una volta l’anno) è passato dal 57,7% al 48,2%. Questo significa che il paziente tende a ridurre la frequenza ai controlli, non capendo che questo comportamento risulta antieconomico e controproducente per la salute.
E’ quindi nostra responsabilità motivare il paziente a seguire il programma prevenzione per far capire che questa abitudine non solo serve a migliorare la salute orale e generale, ma permette anche di risparmiare notevolmente sulle spese odontoiatriche.
E’ importante sottolineare quest’ultimo punto, in quanto l’aspetto economico sembra essere uno dei motivi principali della riduzione della frequentazione del dentista, come si evince dalle domande successive.
Domanda 3: Lei sarebbe disposto a cambiare dentista con un altro soltanto per motivi economici?
A questo punto è stata posta la domanda che tutti temono: Quanto è importante il fattore prezzo nella scelta del dentista? Anche in questo caso è utile confrontare i dati con i questionari precedenti. Abbiamo aggiunto anche i risultati del 2008 per valutare meglio le differenze .
Come di può notare i pazienti che cambierebbero dentista per un altro meno costoso rappresentano il 48,7% del campione, praticamente quasi la metà delle persone. Se vogliamo consolarci…. anche le persone che non cambierebbero dentista per motivi economici è aumentato al 42,1%.
Quello che si denota da questa risposta non è soltanto l’aumentata valenza dell’aspetto economico, ma anche una nuova percezione della prestazione odontoiatrica considerata più come prodotto, che come terapia.
In questo ha contribuito molto la pubblicità “commercial-sanitaria” impostata sul prezzo, che spinge a considerare le prestazioni specialistiche, come dei prodotti indifferenziati.
Il nostro obiettivo futuro quindi sarà quello di organizzare campagne di autentica informazione sanitaria, per spiegare cosa sia una terapia specialistica e che cosa si nasconda dietro il “prodotto sanitario” basato sul prezzo. Lasciar passare l’idea che “terapia= prodotto” porta a considerare la salute come un oggetto da comprare al miglior offerente senza considerare la componente soggettiva e senza valutare che le prestazioni sanitarie sono di per sé prestazioni intellettuali e quindi per questo diverse le une dalle altre. Si può cercare di risparmiare (e anche sbagliare) sull’acquisto di un fustino di detersivo, ma non si può sbagliare sulla scelta di una terapia che riguarda la salute e la vita.
Non dobbiamo però disperare guardando tali risultati, perché la domanda “Lei sarebbe disposto a cambiare dentista con un altro soltanto per motivi economici?” rappresenta una intenzione, ma non è detto che poi il paziente cambi davvero. Infatti è interessante valutare le domande successive.
Domanda 4: La situazione economica ha modificato le sue abitudini in ambito di cure dentali/ frequenza dal dentista?
Questo è un importante quesito in quanto fa notare quale sia stata l’effettivo cambiamento di abitudini rispetto alla cura per la salute orale. I risultati sono i seguenti (confrontiamo sempre 2012 e 2014):
Come si può notare i risultati delle due rilevazioni sono praticamente invertiti. Le persone che hanno cambiato abitudini rispetto alle cure dentali/frequentazione del dentista sono passate dal 40,4% al 52,5%.
Questa percentuale conferma la risposta alla domanda precedente. Significa che l’intenzione è stata seguita da un comportamento coerente.
Certo è che se un 10% di pazienti lascia il mio studio, io mi preoccupo; se lo lascia un 20% sono fortemente preoccupato; se lo lascia un 30% cerco qualcuno a cui vendere l’attività… Il 52,5% è effettivamente un valore molto elevato, ma cosa significa “cambiare abitudini”? Tutte queste persone hanno poi cambiato per un low cost? Oppure il cambiamento significa riduzione della frequenza, mantenendo però sempre il proprio dentista di fiducia?
La risposta a questo quesito ce la fornisce la domanda successiva, la più importante di tutto il questionario.
Domanda 5: Se sì, come ha modificato le sue abitudini?
Questa domanda permette di capire esattamente il comportamento dei pazienti, in questo momento particolare.
Abbiamo visto che l’aspetto economico è importante, tuttavia nella domanda sulla scelta del dentista questo parametro si trovava al quarto posto e quindi non rappresentava il motivo fondamentale di tale decisione. Queste due risposte (aspetto economico e professionalità / relazione come principali fattori di scelta) sembrano contraddirsi. Il grafico sottostante chiarisce benissimo il perché di tali affermazioni.
Se chiediamo al paziente come ha modificato le sue abitudini, troviamo che il cambio di professionista per uno più economico rappresenta una percentuale bassa. Praticamente i pazienti che hanno cambiato dentista sono stati nel 2012 il 26,2% del 40,4% in definitiva il 10,5% , mentre nel 2014 il 21,7% del 52,5% quindi un 11,3%.
Il valore delle persone che cambiano dentista è sempre uguale e cioè pari al 10% +/-2% a seconda dei periodi economici.
Questa può essere considerata una notizia sia positiva che negativa. Da un certo punto di vista notiamo che il paziente rimane fedeli al proprio dentista e preferisce non curarsi o rimandare le cure, piuttosto che cambiare professionista. D’altra parte si percepisce una pericolosa tendenza: il paziente preferisce il No-cost. Questo comportamento è preoccupante perché senza prevenzione è molto facile il verificarsi di patologie più importanti e quindi anche molto più costose. Se il paziente non può pagare il costo di una semplice prevenzione, sarà molto difficile che possa affrontare i costi di una eventuale riabilitazione.
Per questo la sfida futura consisterà nel cercare di organizzare dei “piani di prevenzione per pazienti con particolari necessità” in modo da andare incontro alle persone che rimandano le cure, per permettergli di rimanere all’interno dello studio con una spesa accettabile.
Le strutture di capitale focalizzate sulla terapia a breve termine e l’igiene orale da 20 minuti, difficilmente potranno gestire tale aspetto. Spetterà al dentista monoprofessionale o associato trovare una soluzione a questa situazione.
Domanda 6: Negli ultimi anni si sta diffondendo la tendenza a servirsi di strutture (in Italia o all’estero) che propongono prezzi molto più bassi (low cost) rispetto agli studi dentistici professionali. Lei si sentirebbe tutelata nel farsi curare da una struttura che pratica prezzi molto sotto la media?
Visto che abbiamo parlato di strutture di capitali è interessante conoscere il parere dei pazienti riguardo questa realtà, ormai presente sul nostro territorio e all’estero da alcuni anni. Sono state poste alcune domande per conoscere il parere dei cittadini su tale aspetto.
La prima domanda valuta come il pubblico percepisce tali soggetti. Come si nota solo il 10,8% si rivolgerebbe a queste strutture, praticamente una quota simile alle persone che cambierebbero dentista per uno più economico, visto nella precedente risposta.
Circa il 40% delle persone rifiuta aprioristicamente di rivolgersi a queste strutture, forse perché ritengono il prezzo sinonimo di qualità oppure per un passaparola che si sta diffondendo verso un certo modo di fare odontoiatria.
I low cost però vengono visitati anche da persone che non rientrano in tale categoria, cioè quella per cui il prezzo non è l’unico fattore di scelta. Vediamo quante sono queste persone e quali sono state le loro percezioni.
Domanda 7: Si è mai rivolta a strutture low cost (Italia o estero)?
Come si può notare una certa percentuale (22,7%) ha provato tale esperienza, mentre quasi un 40% la rifiuta a priori confermando i risultati della domanda precedente. I motivi vengono anche sviluppati nelle domande successive.
Quindi un 22% si è rivolta a tali strutture, ma poi quante di queste persone ci ritornerebbero, in quanto soddisfatte o per il rapporto di fiducia che si è venuto a creare.
Domanda 8: Se si ci ritornerebbe?
Come si può notare solo il 16,8% (pari ad una persona su 6!) ritornerebbe in queste strutture. Se poi consideriamo il campione della precedente domanda (quel 22,7% che si è rivolta a strutture low cost) significa che solo il 3,8% delle persone continua a rivolgersi a tali centri.
Probabilmente questo è causato dal passaparola che si crea a causa del poco tempo dedicato alla terapia o per la tipologia di terapia…
E’ interessante conoscere il perché le persone non ritornano in tali centri, in quanto queste motivazioni rappresentano i punti di forza da utilizzare nei nostri studi.
Domanda 8: Secondo Lei per quali motivi questi studi dentistici low – cost riescono a mantenere prezzi così bassi?
Come si nota i pazienti riportano i parametri della scelta al contrario. La poca professionalità (intesa come qualità dei materiali utilizzati), la ridotta sterilizzazione, le basse relazioni, il poco tempo dedicato alla terapia sono i principali aspetti di tale giudizio.
Questi dati rappresentano il reale pensiero dei pazienti riguardo a tali soggetti. Nel caso in cui un paziente ci chiedesse spiegazione su come mai le nostre tariffe siano così diverse possiamo utilizzare questi dati (che non sono nostre percezioni, ma esprimono il pensiero dei cittadini) per fornire un chiarimento.
L’ultima domanda riguardava il modo in cui il paziente viene a conoscenza del proprio dentista di fiducia. E’ un aspetto importante in quanto questa informazione può aiutarci a organizzare le giuste strategia riguardante la promozione esterna.
Purtroppo i suggerimenti che normalmente ci vengono forniti riguardo a tale ambito dagli aziendalisti sono spesso empirici o basati su successi occasionali di una particolare azienda. Qualcuno, ad esempio, ci racconta esperienze di successo della Coca Cola o di altri famosi marchi molto lontani dalla nostra realtà quotidiana, fatto che denota una scarsa conoscenza della nostra professione. Soltanto approfondendo il pensiero del paziente e vivendo la realtà odontoiatrica ogni giorno ci si può rendere conto di cosa funziona e cosa rimane sterile teoria.
Domanda 9: Attraverso quale mezzo è venuto a conoscenza del suo attuale studio dentistico?
Confrontiamo sempre i risultati del 2012 e quelli del 2014.
Come si può notare sembra che l’aspetto puramente pubblicitario abbia perso un pò del suo “smalto”… In effetti dal 2008 c’era stato un aumento dell’efficacia di tali fattori, che sembrano però aver perso la loro iniziale influenza, forse per un effetto “saturazione”.
CONCLUSIONI QUESTIONARIO PAZIENTI
Dai risultati sopraesposti si nota un certo “effetto rebound” o un ritorno a certi aspetti tradizionali della nostra professione. Il paziente apprezza sempre più il rapporto che si instaura con il curante, è più portato a seguire il passaparola e crede un pò meno alla pubblicità.
Le strutture di capitali hanno sfruttato il momento crisi e l’effetto novità, che però sta svanendo. Alcune strutture iniziano a soffrire o parlano di “saturazione del mercato”.
A fronte di questa presa di coscienza della realtà odontoiatrica però, si verifica il grosso problema della mancata disponibilità economica da parte dei pazienti, che preferiscono non curarsi piuttosto che cambiare dentista. A questa prova di fiducia dobbiamo rispondere con nuove soluzioni, soprattutto legate alla prevenzione, che possano permettere al paziente di rimanere all’interno dello studio, evitando spese future.
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