Caro Norberto, complimenti per il DiDomenica e soprattutto per il tema sempre scottante…
Il tuo intervento “L’Odontoiatria è una professione da consigliare” mette in campo diversi e profondi aspetti facendo notare la differenza dell’odontoiatria con altre professioni dell’area medica e la nostra sembra essere preferibile. Tuttavia alla fine, nella seconda parte dell’articolo, il risalto viene posto sull’aspetto economico tra le due modalità di esercizio, libero o collaboratore, in cui sembra si voglia promuovere la seconda.
Sono d’accordo con te sulla prima parte, mi soffermo invece sulla seconda. I dati presentati appaiono sostenere tale tesi tuttavia, come appassionato o “maniaco” di dati statistici devo dire che “un numero non fa primavera” e la superficialità sulle statistiche porta in alcuni casi a scelte sbagliate.
Lasciando perdere questi aspetti, come quello di realizzarsi economicamente con uno studio proprio, che porterebbero a più lunghe disquisizioni, mi fermo come fai a tu ad un singolo aspetto.
Vado però oltre quello economico, da cui quest’ultimo deriva conseguentemente. Ho avuto l’impressione (ma può essere non corretta) che questo articolo porti avanti, anche all’interno della nostra professione, un pensiero di tipo generale, che ci viene proposto da fuori e che segue quello del WEF (World Economic Forum) in cui si afferma: “Non avrai nulla e sarai felice” cioè che sia meglio diventare dipendente di qualcuno, piuttosto che creare qualcosa di proprio.
Chiaramente ognuno può portare vantaggi e svantaggi delle due posizioni, tuttavia mi sembra strano che lo studio monoprofessionale o associato rappresenti ancora la stragrande maggioranza della realtà odontoiatrica e che non sia “morto” nel 2018 come i “vaticini” dei “bocconiani” e degli editorialisti predicevano già dal 2008.
Il tutto malgrado il capitale e le istituzioni, da cui dipendono, impongano alla libera professione continue restrizioni burocratiche e vessatorie inutili, atte solo a ridurla nel tempo.
Probabilmente c’è qualcos’altro che mantiene tale volontà e forse quest’altra cosa è ciò che in articoli come questo non viene percepito. Possiamo definirlo un innato desiderio insito nella natura umana di auto-realizzarsi, creando qualcosa di proprio. Si può argomentare che questo ha un costo. Tuttavia spesso questo “costo” viene pubblicizzato per farci prendere decisioni che facilitano le posizioni di chi vorrebbe una professione dipendente, magari gestita dal capitale.
L’aspetto burocratico infatti può essere facilmente delegato a società gestite da colleghi che rendono questo aspetto ormai non più un peso. Io stesso le utilizzo e ormai la burocrazia è quasi un ricordo.
L’impegno economico di acquisto di uno studio può essere notevolmente e facilmente ridotto impostandolo con formule dilazionate e assorbite dal lavoro stesso nel tempo.
Anche in questo caso ci devono essere le persone esperte e pratiche del campo. Va sempre ricordato che in futuro, vista la riduzione di titolari di studi causa età (anche se circa l’80% intende rimanere a lavorare dopo l’età pensionabile), i giovani si ritroveranno con studi a basso costo, con un buon numero di pazienti e con dentisti che preferiranno cedere a colleghi la propria attività. Se il giovane odontoiatra affronterà tale scelta insieme ad altri colleghi questa risulterà senz’altro quella vincente, sia dal punto economico e professionale, sia da quello personale e di auto-realizzazione.
Il “mercato” che si sta aprendo, chiaramente fa gola al capitale che ormai lo sente già suo e quindi è facile vedere pubblicizzate, in ogni dove, proposte sul fatto di diventare collaboratori, per non creare fastidiosa concorrenza.
Se il giovane odontoiatra riuscirà a seguire le corrette indicazioni, comprendendo il reale “quadro” della situazione, avendo una maggiore fiducia in se stesso e seguendo le persone che vivono la professione, avrà le possibilità di fare una scelta più consapevole che si tradurrà in una vita più piena e felice.
Chiaramente ci vuole impegno per portare avanti una propria attività, ma quello che vedo, quando seguo i colleghi nella gestione dello studio, è che le difficoltà non derivano da aspetti tipicamente intrinseci alla nostra professione, in quanto ogni realtà lavorativa ha le sue peculiarità. I problemi derivano dal modo in cui una persona gestisce lo studio.
Ma qui non si tratta di una scelta tra titolare o collaboratore, ma tra “dentista organizzato” e “dentista disorganizzato”… in questo caso però si può rimediare senza scelte drastiche.
Dott. Tiziano Caprara