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DR TIZIANO CAPRARA

Il costo orario ovvero alla ricerca del Santo Graal

Novembre 28, 2013

“Chi conosce esattamente il costo orario alzi la mano.”

Questa è una delle domande che uso fare normalmente ai corsi e devo dire che la percentuale di mani alzate si aggira vicino al 10%. Se poi si va a chiedere ad ognuno quale sia il metodo utilizzato  per ottenerlo, si ottengono risposte molto diverse.

C’è chi utilizza un metodo preciso, c’è chi utilizza un metodo semplificato, c’è chi lo ha chiesto al commercialista. Molti non si ricordano neppure come ci sono arrivati.  

Ma è proprio necessario conoscere il costo orario? Prima di tutto dobbiamo sapere qual è il nostro obiettivo. Il costo orario infatti non rappresenta un fine, ma un mezzo attraverso il quale possiamo ricavare strategie decisionali.

Come tutti sanno sono un dentista che “lavora in trincea” e quindi, forse, non sarei la persona più indicata per parlare di aspetti economici. In fin dei conti ci sono già i commercialisti, le agenzie di calcolo, i famosi consulenti, i professori… sono tutti soggetti che ci possono aiutare a calcolare l’esatto costo orario della nostra struttura. Ciò che però bisogna prima capire è lo scopo, a cosa ci servirà questa informazione; in caso contrario rimane una cifra vuota, che non sappiamo come utilizzare. 

Perché?

Se vogliamo avvicinarci all’aspetto economico della nostra professione per prima cosa dobbiamo avere ben chiaro perché lo facciamo. “Migliorare la mia situazione economica”, “lavorare con serenità”, “organizzare lo studio” non sono infatti traguardi direttamente correlati al costo orario. L’obiettivo che possiamo ottenere attraverso il calcolo di questo valore è ad esempio la definizione del tariffario. Questo sarà poi uno dei mezzi che ci permetterà di realizzare i traguardi  sopraccitati.

Il metodo per calcolarlo è sempre e soltanto uno: costi diviso tempi.

Il primo metodo proposto in ambito odontoiatrico era molto semplice. Si prendevano tutti i costi, si consideravano i tempi e li si divideva tra loro. Ecco il costo orario. Tale valore veniva poi moltiplicato per i tempi operativi ricavando così un tariffario personalizzato.

Tuttavia sulla tipologia dei costi e sulla qualità dei tempi utilizzati bisognava fare alcune distinzioni.

Se era facile capire il valore del dividendo, cioè i costi (per conoscere quanto spendiamo basta chiedere al commercialista), tuttavia il divisore costituito dai tempi, risultava troppo generico. Quali erano infatti questi tempi? Ogni collega può interpretarli in maniera diversa. Si possono considerare le ore di apertura dello studio oppure le ore di presenza del professionista in ambulatorio oppure ancora le ore in cui l’operatore lavora in bocca al paziente.

Quale tempo?

Per capire meglio quale sia il tempo da inserire possiamo fare un esempio matematico. Consideriamo uno studio che tenga aperto 40 ore settimanali per 48 settimane. Questo valore pari a 1920 ore (40×48) risulta essere il cosiddetto “tempo apertura”. Il dentista però non è presente 40 ore, ma soltanto 30 ore settimanali. Quindi il nuovo valore è pari a 1440 ore (30×48) che viene definito “tempo presenza”. Questa cifra, contrariamente a quanto si crede, risulta essere molto diversa dal “tempo operativo”, cioè dal tempo che passiamo “in bocca al paziente”. E’ infatti impossibile far coincidere le ore di presenza in ambulatorio con quelle operative. Dovremo curare un paziente dopo l’altro senza neanche riporre la turbina o cambiarci i guanti. Sappiamo che la realtà è molto diversa: finita la terapia ci congediamo dal paziente, ci alziamo, arriviamo nella altra sala operativa (in certi casi dobbiamo aspettare che venga preparata), parliamo con il paziente, valutiamo le radiografie e la cartella clinica, eseguiamo l’anestesia e dopo un certo periodo di latenza iniziamo ad operare. Da questo momento inizia il vero “tempo operativo”.  In certi momenti poi possiamo rispondere al telefono, parlare con le assistenti e quindi il divario tra i due valori (tempo presenza e tempo operativo) aumenta ulteriormente. Normalmente in uno studio ben organizzato la differenza si attesta sul 25%. Praticamente se stiamo 10 ore in ambulatorio ne lavoriamo 7,5 sul paziente. In certi giorni quando rispondiamo a molte telefonate oppure ci sono dei mancati appuntamenti, il valore della nostra operatività scende anche al di sotto del 60% del nostro tempo presenza. 

Presenza o operatività

Per capire l’importanza del calcolo dell’esatto tempo operativo possiamo fare un piccolo esempio matematico. Consideriamo rispettivamente tre valori:

  • A. Tempo apertura = 1920 ore (40 ore x 48 settimane)
  • B. Tempo presenza = 1440 ore (30 ore x 48settimane)
  • C. Tempo operativo = 75% del tempo presenza 1080 ore (1440 ore 75%) 

 

In questo caso ci troviamo di fronte a tre valori diversi per lo stesso ambulatorio. Se i costi generali ammontano a 300.000 euro ricaveremo tre costi orari differenti (costi/tempi): 

  • A. 300.000 diviso 1920 tempo apertura = 156,25
  • B. 300.000 diviso 1440 tempo presenza = 208,33
  • C. 300.000 diviso 1080 tempo operativo = 277,77

 

Come si può vedere i valori ricavati sono molto diversi tra di loro. La differenza tra la prima e la terza cifra è pari al 77%. Con simili discrepanze, scegliere il riferimento sbagliato può causarci un grave danno economico. Potremmo non riuscire a coprire tutte le spese annuali. Infatti l’unico tempo che rende remunerativa la nostra professione è quello che passiamo lavorando su pazienti, cioè il tempo operativo. Se invece consideriamo il costo orario ricavato dalle altre due variabili (tempo apertura e tempo presenza) le conseguenze possono essere economicamente svantaggiose.

Nel caso di uno studio in cui lavorino più operatori, andremo a sommare le ore operative di ognuno per ottenere il valore totale del tempo operativo. 

Una volta chiarito quali tempi devono essere considerati per il calcolo del costo orario,  possiamo passare all’ambito costi, dove esistono vari sistemi o visioni. Stiamo parlando di matematica e quindi ogni nostra valutazione personale nella definizione dei numeri, si trasformerà in una conseguenza economica. Per questo è importante conoscere i vantaggi e svantaggi di ogni posizione.

 

Metodo semplice

Una prima analisi dei costi considerava qualsiasi spesa, senza alcuna distinzione, in un unico contenitore. Successivamente il totale veniva diviso per i tempi. Chiaramente tra i costi veniva considerato anche la retribuzione del titolare, lo stipendio del dentista.

Questo è una metodica molto semplice e veloce. Non richiede alcun impegno, se non quello di calcolare il tempo presenza. I costi ci vengono forniti dal commercialista e con una semplice operazione et voilà… il risultato è raggiunto. Il valore ricavato viene poi utilizzato per il calcolo del tariffario, moltiplicandolo per i tempi delle varie prestazioni. Ad esempio: 

  • costi tot = 250.000
  • stipendio dentista = 50.000
  • ore produttive = 1.080
  • costi (300.000)/tempi (1.080) = 277,77 costo orario

 

  • Otturazione 30’
  • Corone 3 h
  • Otturazione 277,77 x 0,5h =138,8 €
  • Corona 277,77 x 3h = 831,3 €

 

Questo metodo può sembrare la formula magica per semplificarci la vita, tuttavia in realtà contiene un grande difetto. Se infatti tutti i costi vengono inseriti in un unico “calderone”, significa che le spese del laboratorio e degli impianti, si mescolano con quelle della conservativa. Quindi quando calcoleremo la tariffa per un’otturazione, ci troveremo spalmati al suo interno anche gli alti costi della protesi e dell’implantologia. Viceversa quando andremo calcolare il costo di una terapia protesica, le spese del tecnico saranno diluite nelle altre prestazioni, riducendone così il prezzo.

Per ovviare a tale difetto dobbiamo necessariamente effettuare una ripartizione dei costi specifici, mediante un secondo metodo più preciso.

 

Metodo aziendale

Con questo metodo i costi di struttura (stipendio del personale, strumentario, affitto o mutuo della struttura, utenze, ecc.) vengono divisi su tutte le terapie in base al tempo, mentre i costi operativi (materiale di consumo, spese del tecnico ecc)  vengono attribuiti in maniera diversa a seconda delle prestazioni effettuate.

Avremo quindi un costo orario generale per ogni prestazione cui dovremmo aggiungere, in maniera molto meticolosa, i costi diretti tipici di quella terapia. Per l’otturazione dovremmo quindi considerare la preparazione della sala operativa, i guanti, la mascherina, gli aspiratori, i tovaglioli, i rulli di cotone, la tubofiala, l’ago, la diga, la parte di gel mordenzante, la quantità di sottofondo, la goccia di adesivo, la quantità di composito ecc. Anche per la protesi andrà calcolato la preparazione della sala operativa e il materiale monouso (moltiplicato per il numero di sedute necessarie alla realizzazione di una corona), i fili retrattori, il materiale di impronta, la quantità di silicone da rilevazione, il materiale per la rilevazione dell’occlusione, la quantità di cemento provvisorio e definitivo, il lavoro del tecnico ecc.

Otterremo quindi i seguenti valori:

 

  • costi struttura = 175.000
  • stipendio dentista = 50.000
  • ore produttive = 1.080
  • costi (225.000)/tempi (1.080) = 208,33 costo orario

 

  • Otturazione 30’
  • Corone 3 h
  • Otturazione 208,3  x 0,5 (+ spese specifiche) = 104,1 +9 =113,1 €
  • Corona 208,3  x3 (+ spese specifiche)=624,3+300 =924,3 €

 

Questo è senz’altro il metodo più corretto per eseguire una precisa analisi dei costi delle nostre prestazioni. Tuttavia è un metodo molto molto molto minuzioso. Ciò significa che una parte del nostro lavoro e del nostro personale deve essere dedicata ad una valutazione continua di tali aspetti. Infatti per conoscere il costo medio di alcune quantità, quali ad esempio la goccia di adesivo, sono necessarie numerose misurazioni (per raggiungere un dato statisticamente efficace).

Il grosso svantaggio di questa metodica sta proprio nella sua precisione. La quantità di dati da raccogliere e da seguire per ottenere un valore esatto, è numerosa e richiede molto tempo e impegno. Questo si traduce in un ulteriore costo, che spesso non viene ripagato dalla precisione della metodica. 

 

Troppo lavoro …mollo tutto

A causa della complessità di tale metodo, molti colleghi rinunciano ad analizzare questi aspetti. Non c’è nulla di più grave. Abbandonare il calcolo del costo orario, significa applicare dei prezzi indicativi, che raramente sono congruenti con la nostra attività. Capita così che un collega, pur lavorando molte ore, si ritrovi con un incasso che non compensa tutti gli sforzi fatti oppure che accetti dei tariffari convenzionati per mancanza di un’adeguata informazione economica.

A questo punto abbiamo a disposizione un metodo semplice e veloce, che però risulta essere approssimativo (causando quindi grosse perdite economiche) ed una metodica molto precisa, ma complessa tale da rappresentare lei stessa un impegno economico.

Dagli esempi sopraccitati si ricava che le due analisi si differenziano soltanto dal modo in cui interpretano i costi. Le inesattezze e le difficoltà di queste metodiche derivano proprio da questa distinzione.

Nella nostra professione ci sono delle prestazioni a basso costo operativo ed altre caratterizzate da alti costi diretti. Uno studio che eseguisse soltanto conservativa ed endodonzia potrebbe utilizzare tranquillamente la metodica semplice, in quanto i costi delle prestazioni si equivalgono. Se invece si effettuasse anche delle terapie ad alto costo operativo (protesi, implantologia) allora sarebbe importante attribuire ad ogni trattamento il costo adeguato. Nei nostri studi però eseguiamo sia terapie ad alto costo sia quella a basso costo operativo, quindi bisogna identificare una metodica semplice che allo stesso tempo sia il più possibile precisa. 

 

Metodo misto

Un sistema che unisce questi due aspetti è quello definito misto. Si basa sui concetti del metodo semplice lasciando l’analisi complessa solo alle prestazioni ad alto costo operativo.

Nel calcolo del costo orario non si tolgono dalle spese generali tutti i costi operativi, ma soltanto quelli legati alla protesi, fissa e mobile, all’implantologia, alla chirurgia rigenerativa. Ritornando al caso precedente possiamo calcolare il costo orario dividendo le spese di struttura, compreso lo stipendio del dentista per i tempi operativi.

La cifra totale è più bassa del metodo semplice, in quanto non contiene tutte le spese operative, ma è più alta del metodo complesso, perché comprende il materiale di consumo.

  • costi struttura = 198.000
  • stipendio dentista = 50.000
  • ore produttive = 1.080
  • costi (248.000)/tempi (1.080) = 229,62 costo orario

 

  • otturazione 30’
  • corona 3 h
  • otturazione 229,6 x 0,5= 114,8 €
  • corona 229,6 x 3 = 688,8 (+ spese del tecnico) +220=908,8 €

 

Questo metodo raggiunge una soddisfacente precisione, pur mantenendo la semplicità e velocità della prima metodica. Il rapporto costo beneficio è quindi notevolmente vantaggioso.

Come si vede il costo orario è diverso in ogni metodica, perché rapportato alla parte di costi considerati. Quindi parlare di costo orario non significa nulla, ma dipende molto dal metodo che utilizziamo. Questo valore viene successivamente adattato nel momento della creazione del tariffario. Se infatti otteniamo che il costo orario e di 200€, significa che ogni ora l’operatore deve produrre questo importo per compensare le spese. Vuol dire ad esempio che la seduta di igiene di un’ora costerà 200 € come l’intervento chirurgico del dentista (più i costi diretti trascurabili). Anche la visita non potrà essere più eseguita gratuitamente, ma dovrà rapportarsi a tale valore in base alla durata. Chiaramente questo non succede nella normale realtà. Può quindi sembrare che il calcolo del costo orario al fine di valutare la corretta tariffa risulti inadeguato. In realtà questo è un sistema che ci aiuta a controllare se tutti i nostri prezzi sono esatti. Infatti alcune prestazioni supereranno il valore orario (ad esempio la chirurgia), mentre altre saranno nettamente inferiori (visite gratuite, igiene orale). È’ importante valutare che il guadagno ricavato dalle prestazioni che superano il costo orario, compensi le perdite di quelle che risultano inferiori a tale valore.

Questa compensazione si rivela insufficiente per quanto riguarda l’igiene. Queste prestazioni infatti sono numericamente importanti e nettamente inferiori al costo orario. Per ovviare a tale ambito dobbiamo dividere il nostro ambulatorio in aree diverse, come se fossero studi indipendenti. Avremo quindi l’area operativa del titolare, l’area operativa dell’igiene, l’area operativa del collaboratore. Per ognuno di questi centri virtuali eseguiremo un’analisi dei costi adeguata. Questa metodica viene definita “analisi per centri di costo” e permette di distinguere i costi per operatore e gruppo di prestazioni. Tale calcolo può risultare complesso, in realtà è una semplice ripetizione di quello che abbiamo fatto per l’intero studio, eseguito però in maniera settoriale. In questo modo non corriamo il rischio di uniformare, a livello di costo, una chirurgia del dentista ad una igiene dell’igienista, solo per il fatto che durano entrambe un’ora.

 

Il costo orario di uno studio è un valore fondamentale, che deve essere assolutamente noto al professionista. Questo numero aiuta a calcolare il giusto tariffario, a conoscere qual è l’obiettivo giornaliero di incasso e anche a quanto affittare eventualmente la propria struttura. Senza tali valori corriamo il rischio di lavorare per un importo insufficiente al mantenimento dell’ambulatorio. Questo non solo non ci permette di sviluppare la nostra professione, ma anche di non godere della nostra vita personale.

Dr. Tiziano Caprara

Per chi vuole approfondire tali aspetti può valutare il Report “Analisi dei costi, stipendio del dentista, tariffario… ovvero i numeri che controllano la nostra vita”.

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