Aggiornamento sulla realtà odontoiatrica in Italia parte1
Periodicamente esamino la situazione della nostra professione tramite un personale osservatorio. Ho iniziato tale abitudine quando notai che alcune notizie che ci venivano fornite, non sembravano corrette o apparivano costruite più per convincere riguardo ad un determinato punto di vista, piuttosto che a informare sulla situazione reale .
Da più di 20 anni aziendalisti o relatori di famose università ci raccontano che la nostra professione è ormai morta, sepolta e che dobbiamo convenzionarci o vendere tutto alle grosse strutture. Se però vai ad approfondire tali affermazioni, noti come si basino su dati non compatibili con la nostra attività o su sondaggi impostati in maniera non corretta.
Per questo quest’anno a settembre, dopo la lunga pausa causata dalla situazione che ben conosciamo, ho deciso realizzare una nuova ricerca per comprendere come si sta evolvendo la realtà attuale.
Ho eseguito due studi, uno riguardante il pensiero dei pazienti e uno riguardante quello dei dentisti. E’ interessante infatti notare come le visioni di questi due gruppi possano essere divergenti o convergenti su aspetti diversi.
In questo articolo valuteremo la visione dei pazienti.
La prima parte della ricerca riguarda le abitudini dei pazienti. Più di 800 persone in tutta Italia hanno risposto a tale sondaggio. L’agenzia certificata che ha realizzato tale studio è la Quaeris, che esegue indagini politiche e di mercato in base a parametri Istat.
La prima domanda è sempre la stessa. Chiediamo quale sia la frequenza con cui i pazienti frequentano gli studi dentistici. Ci hanno sempre detto che solo un terzo degli italiani va dal dentista… ma non ho mai trovato questo risultato in nessuno dei miei sondaggi o di quelli di altre agenzia di ricerca. Anche quest’anno i dati confermano che le persone che si rivolgono al dentista sono molto di più di “un terzo”….
Come si nota più dell’80% si rivolge al dentista almeno una volta all’anno. Questo è dato molto elevato, tuttavia conferma quelli della regione Lombardia del 2004 (71%), di SWG SIO del 2008 (86%), DOXA AIOP (86%), AIC 2017 (90%)… valori molto distanti dal famoso “un terzo” . Chiaramente i sondaggi sono solitamente effettuati telefonicamente e quindi si rivolgono ad un pubblico che si presuppone abbia un certo reddito. Tuttavia anche alcune ricerche della European Global Health Indicators, che valuta i dati ricavati dalle associazioni private e dagli enti pubblici dei vari stati, rivela che il 52% degli italiani si rivolge al dentista aumento una volta all’anno. Certamente è più basso dell’80%, ma maggiore di quel “un terzo” che ci rifilano sempre come modello.
Ho voluto anche valutare se l’attuale situazione avesse alternato tale dato chiedendo de avessero cambiato la frequenza dal dentista.
Come si nota la paura, l’incertezza, le difficoltà economiche, il cambio di abitudini hanno modificato tale aspetto in maniera rilevante.
Il dato interessante è però quello riguardante la fedeltà dei pazienti. Alcuni aziendalisti nei loro libri ci raccontano che i pazienti vanno da un uno studio all’altro sempre alla ricerca della “alternativa diversa per prezzo e per tipologia”. Ci descrivono folle di pazienti che girano da uno studio all’altro “come accade in un’attività commerciale al dettaglio”. Effettivamente anch’io se devo comprare le scarpe vado una volta in un negozio, una volta in un altro, non ho lo “scarpiere” di fiducia. Per la salute però le cose non funzionano cosi o almeno solo chi conosce superficialmente la nostra situazione può esprimere una simile banalità. Quello che è più grave è che tali affermazioni vengono fornite senza uno straccio di dato. Questi esperti distribuiscono a pagamento consigli basati su percezioni, su chiacchiere… ma poi a cambiare e soprattutto a pagare siamo soltanto noi.
In realtà i pazienti sono molto più fedeli di quanto si possa immaginare; i dati infatti ci dipingono un realtà diversa.
Come si vede i pazienti storici (più di 20 anni) sono il 20,3%; quelli molto fedeli (10-20 anni) sono il 35,9%, quelle fedeli (5-10 anni) il 23,9% mentre i nuovi pazienti (sotto i 5 anni) rappresentano il 19,9%. Se escludiamo quel 10% che solitamente è attratto solo dal prezzo (per volontà o necessità), i pazienti che forse girano negli studi è circa un 9%.
Si può dire che i pazienti fedeli (sopra i 5 anni) rappresentano l’80% delle persone che entrano nel nostro studio o almeno il 56,2% se superiamo la soglia dei 10 anni (che per qualsiasi attività è un enormità di tempo…).
Questo dato, come altri su tale argomento, fa notare quanto siano errate e superficiali le affermazioni di alcuni aziendalisti che ci paragonano a attività commerciali al dettaglio, basandosi solo su una soggettiva percezione.
Sul perchè ci scelgano penso che ormai non ci sia nulla da dire. Lo ripeto ormai da più di 25 anni in molte ricerche e nei miei periodici corsi. Ogni sondaggio conferma quanto sempre riportato. Professionalità e relazioni rappresentano i fattori più importanti di tale scelta, mentre il prezzo si trova in una situazione inferiore in tale gerarchia.
Ho valutato il fattore prezzo in maniera più approfondita per capire se l’attuale situazione abbia modificato le abitudini del paziente in base a tale aspetto.
Ho fatto quindi la domanda proibita: “Sarebbe disposto a cambiare il proprio dentista con un altro solo per motivi economici?”
Come si vede un buon 24% lo farebbe. Può sembrare un valore molto alto, ma se lo paragoniamo con le ricerche precedenti notiamo che nel tempo il prezzo sta diminuendo di importanza nel tempo. Vediamo i risultati dei precedenti sondaggi”
“Cambierebbe dentista per motivi economici”:
2011: 36,1%
2013: 48,7%
2015: 38,7%
2017: 27,3%
Si nota un leggero aumento nel periodo pre-pandemia, ma negli precedenti i valori erano più alti probabilmente a causa della situazione economica.
La prima domanda però valuta l’intenzione. Infatti il condizionale è d’obbligo. “Cambierebbe?” si, ma poi lo ha fatto?
Vediamo quindi quanti sono quelli che effettivamente hanno cambiato abitudini a riguardo.
Come si vede la realtà conferma l’opinione, con un buon 28,4% dei pazienti che modificherebbero tali abitudini. Cosa avveniva negli anni scorsi?
2011: 40%
2013: 53%
2015: 41,1%
2017: 25,8%
In tutti gli anni si confermano i dati della domanda precedente.
La terza domanda però è quella decisiva. COME ha cambiato tali abitudini. Il 28,4% dei pazienti ha realmente cambiato dentista? Se tale dato fosse confermato, allora ci sarebbe da preoccuparsi…
Come si vede il 12,5% di quel gruppo (28,4%) che ha cambiato abitudini alla fine ha cambiato dentista. Se sommiamo anche quelli che si sono rivolti al servizio nazionale, arriviamo ad un 15%. Se facciamo un calcolo di quale sia l’effettiva percentuale sulla totalità dei pazienti troviamo che rappresenta il (12,5% del 28,4%) 4,26% delle persone. Negli anni passati tale valore assoluto era:
2011: 10,5%
2013: 11,5%
2015: 6,1%
2017: 2,0%
Effettivamente nel 2017 i tempi erano diversi da quelli attuali, tuttavia le attuali percentuali sono più basse rispetto a quelle ricavate dopo importanti crisi economiche .
Da notare però due importanti aspetti. La maggior parte (67,5%) di chi ha modificato le abitudini (cioè il 28,4%) tende a frequentare di meno il proprio dentista. Quindi non si cambia, ma si riducono i controlli e l’igiene. Questo è un fatto sta prendendo piede negli ultimi anni. Notiamo infatti che dal 2017 tale abitudine stia aumentando nelle persone .
“Vado meno dal dentista”
2011: 32,2%
2013: 36,5%
2015: 36,5%
2017: 73,9%
Questo dato (67,5%) appare confermare la prima ricerca sulla frequenza dal dentista. Infatti mentre il 19,0% (il 67,5% del 28,4%) frequenta di meno il dentista, l’80,7% dichiara di frequentare il dentista almeno una volta all’anno.
Smettere di frequentare il proprio dentista di fiducia è senz’altro un fatto grave per il mantenimento della propria salute, in quanto sappiamo come le patologie (e quindi i costi) aumentino senza alcun controllo.
Le persone che posticipano gli interventi invece sono il 17,5% e tale dato sta diminuendo nel tempo. Considerando il risultato precedente riguardante il fatto di non andare dal dentista, questo valore appare ragionevole. Le persone prima andavano dal dentista ma posticipavano la terapia, adesso tendono ad non andarci proprio. Questo è un fatto grave in quanto in tal modo non si possono intercettare eventuali problematiche. Noi dentisti siamo infatti disponibili a spostare e programmare delle terapie per i tempi futuri, quello che è grave è non poter controllare il paziente durante questo periodo. In questo modo il paziente si troverà a spendere molto di più, perchè il professionista non può valutare e intercettare le problematiche che con il tempo possono peggiorare.
“Posticipo la terapia”
2011: 39,8%
2013: 41,8%
2015: 46,0%
2017: 19,2%
Per quanto riguarda conoscenza del dentista, il passaparola è sempre il valore più importante fino ad arrivare al 90,3% del totale.
Da notare come tale valore sia notevolmente aumentato negli anni. Percentuale di pazienti che vengono a conoscenza del dentista con il passaparola:
2013: 72,6%
2015: 83,2%
2017: 88,8%
Anche il medico di base e gli specialista hanno un posto importante (12%) in tale conoscenza. Gli altri aspetti hanno un importanza molto più bassa e va quindi valutato molto bene il rapporto costo – beneficio.
L’importanza del passaparola e del medico di fiducia viene chiarito anche dalla domanda successiva che dimostra la fiducia che il paziente attribuisce a tali fonti.
Da questa ricerca di possono evincere le seguenti conclusioni:
- i pazienti che frequentano lo studio dentistico sono la maggioranza della popolazione (80,7%), anche sei questo periodo c’è stato un rallentamento di tale frequenza
- i pazienti, quando trovano il professionista“giusto”, sono prevalentemente fedeli (79,7%)
- si sceglie il dentista per la percezione di qualità (19,6%) e il rapporto (13,5%) che riesce a instaurare
- la spesa odontoiatrica viene considerata una spesa importante e tutti vorrebbero risparmiare, ma difficilmente si cambia il proprio dentista per tale motivo (4,26%)
- in passato chi presentava problematiche economiche, tendeva comunque a frequentare lo studio, posticipando la terapia; attualmente si tende a non frequentare lo studio (19%), aumentando così il rischio di problematiche orali
Questo ultimo aspetto è molto grave perchè, come vedremo nella prossima ricerca, la maggior parte dei pazienti si trova nella classe di età tra i 50 e i 60 anni e presentano maggiormente certe patologie legate all’usura dentale. Non potendo controllare periodicamente il paziente si correrà il rischio che tali patologie aumentino con conseguente aggravio economico. Sta a noi far comprendere la paziente che se vuole spendere poco deve venire più spesso dal dentista, perchè “prevenire è meglio che pagare”…
Nel prossimo numero valuteremo la ricerca dal punto di vista del dentista
dr. Tiziano Caprara