Forse non tutti sanno che anni fa organizzavo corsi sulla gestione del tempo e degli obiettivi per noi dentisti. Sono stato sempre un appassionato dell’argomento e conservo ancora le agende settimanali di circa 30 anni fa dove scrivevo la Visione, gli obietti da raggiungere, la “to-do list” (le cose da fare)….
Per qualcuno forse è una cosa “strana” (metteteci voi l’aggettivo…) tuttavia sfogliandole dopo molti anni posso apprezzare tutto quello che ho fatto e soprattutto quello che non ho fatto. Infatti se avessi realizzato certi sogni di allora, adesso vivrei degli incubi…(acquisti immobiliari, relazioni, investimenti, collaborazioni ecc).
Ho sempre pensato che avere degli obiettivi fosse una cosa fondamentale anche perché, come scrissi nel mio primo libro “Il dentista tra lavoro” circa vent’anni anni fa, sono sempre stato convinto che “gli obiettivi creano la felicità nella strada per raggiungerli”.
Negli anni ho sempre trovato conferme a tale affermazione anche con particolari ricerche scientifiche che spiegavano il perchè di tale meccanismo. Ultimamente, però ho letto un libro, “Atomic Habits” di James Clear, che pur confermando tale concetto lo mostra sotto una nuova luce.
Gli obiettivi sono senz’altro fondamentali, perchè altrimenti non sapremmo dove andare. Inoltre, cosa più importante, ci rendono felici perchè il gruppo della “dopamina & co”, che ci stimola in ogni nostra azione, viene rilasciata non solo quando otteniamo una cosa, ma soprattutto quando la pregustiamo. Quindi sognare di realizzare un determinato traguardo o obiettivo ci da una sensazione di piacere quasi quanto averlo raggiunto. Per tale motivo “avere degli obiettivi” influenza la nostra felicità, insieme alle relazioni sociali e alla natura.
Tuttavia in questo libro si afferma ciò che può sembrare una banalità: fissarsi degli obiettivi non ci garantisce il fatto di realizzarli. Infatti tutti gli atleti hanno come obiettivo quello di tagliare il traguardo, ma solo uno lo fa. Tutti gli altri pur avendo scelto il medesimo obiettivo non lo raggiungono.
Quindi sono inutili? No senz’altro, ci danno la direzione, “il traguardo”, (altrimenti gli atleti girerebbero inutilmente per lo stadio…) ma ciò che è importante è il METODO. E’ quello che ci permette di vincere.
Avere obiettivi senza un metodo per realizzarli è inutile perchè significherebbe stare fermi senza combinare nulla. Anche avere un metodo senza obiettivi è altrettanto inutile, perchè gireremmo a vuoto.
Tuttavia concentrarsi troppo sugli obiettivi fa male. Infatti una volta arrivati al traguardo, c’è il rischio di provare quella strana sensazione di vuoto che ci fa dire “e adesso?”. Si crea quell’effetto Yo-Yo per cui ci concentriamo per raggiungere il risultato, poi ci sgonfiamo e quindi ci riconcentriamo per un nuovo obiettivo… è così via.
Non bisogna innamorarsi dell’obiettivo ma del metodo. Non dobbiamo vincere la gara (anche se importante) ma continuare a gareggiare.
Se invece ci innamoriamo del metodo saremo continuamente contenti dei risultati raggiunti, anche se piccoli, e non correremo il rischio di andare su e giù per le “montagne russe” emozionali.
Il metodo però richiede la COSTANZA ed è qui la fregatura.
E’ facile infatti desiderare un obiettivo (e godersi la scarica di dopamina che riceviamo quando lo pregustiamo…) la cosa diffide è metterlo in atto con delle azioni costanti, visto che difficilmente un obiettivo si raggiunge in “one shot”, un colpo solo.
Per realizzare il metodo bisogna essere “metodici”, scusate il gioco di parole…
Essere metodici significa creare delle abitudini, in maniera che il nostro corpo agisca in maniera quasi automatica. Ed è qui che si inseriscono l’analisi e i suggerimenti di James Clear che è diventato famoso proprio per la sua metodicità e che lo ha portato ad essere un consulente molto richiesto (e pagato) e a vendere 4.999.000 copie del suo libro (più quella che ho comprato io).
La nuda verità è che effettivamente noi siamo le nostre abitudini. Può sembrare una strana affermazione tuttavia è quello che accade. Molti dei nostri comportamenti scaturiscono in seguito a dei segnali che fanno nascere un desiderio che poi si trasforma in azione e quindi soddisfazione (o insoddisfazione…in qual caso l’abitudine si blocca). L’abitudine è quindi un meccanismo in quattro fasi. Fin qui forse niente di nuovo. Avevo già appreso tale concetto molti anni fa quando lessi il libro di Cherles Duihigg “Il potere delle abitudini”.
James Clear però trasferisce dei nuovi concetti che fanno capire i vari aspetti di tale meccanismo e soprattutto il grande potere che abbiamo nel cambiarlo a nostro vantaggio.
Non bisogna limitarsi al fatto di smettere di fumare o a fare un po più di esercizio fisico, ma tali abitudini possono essere utilizzate per creare un METODO che ci aiuta a realizzare i nostri obiettivi .
In definitiva per cambiare vita (e anche noi stessi), basta cambiare abitudini.
In effetti se ci pensiamo è vero. Se prendo l’abitudine di camminare o andare in palestra ogni giorno il mio fisico cambierà. Se ho l’abitudine di leggere ogni sera, nel giro di un anno avrò letto decine di libri oppure potrei aver imparato una nuova lingua…o qualsiasi altra cose.
Quindi le abitudini ci permettono di avvicinarci ai nostri “desiderata”.
Tuttavia questo è facile a dirsi ma difficile a farsi….
Come faccio a impostare un’azione che si trasformi in un’abitudine e non si blocchi dopo due giorni?
Non basta dire “da oggi, ogni mattina mi alzerò alle cinque per fare esercizio fisico”. Probabilmente riusciremo a farlo per pochi giorni, ma poi, come spesso accade, tenderemo a saltare un giorno, poi due, poi una settimana e alla fine torneremo a svegliarci alle 7:00…perchè “tanto chi me lo fa fare…”
In effetti volere una cosa (perdere peso) e definire un metodo (esercizi mattutini) sperando così di modificare noi stessi (identità) grazie ai risultati raggiunti non è il metodo giusto, o meglio non è la direzione giusta. Non si comincia dall’esterno (obiettivi), ma all’interno (identità). Se infatti ci consideriamo una persona pigra, che ama la vita comoda, sarà dura mantenere delle alzate mattutine…
Secondo Clear bisogna cambiare direzione. Si deve prima iniziare dall’Identità (cioè considerarsi una persone sana) per poi passare al Metodo (cosa si comporterebbe una persona sana?) e alla fine si raggiungerà l’Obiettivo (perdere peso)
Non è certo semplice, ma l’immagine che abbiamo di noi, il modo in cui ci consideriamo, rappresenta è la base per poter creare una corretta abitudine.
Il secondo aspetto per creare l’abitudine è la Pazienza. Purtroppo i risultati non si realizzano da un giorno all’altro e quindi è importante superare quel tempo in cui ci sembra di fare delle cose senza ottenere alcun risultato (definita Valle della Disperazione) per poi superare il Punto di Potenziale Latente per cui i risultati iniziano a vedersi sempre di più. Se non siamo consapevoli di questo c’è il rischio di abbandonare tutto perché abituati ad aspettarci risultati immediati. Eppure per laurearci ci abbiamo messo cinque-sei anni, per costruire un talento ci vogliono 10.000 ore cioè più di cinque anni a fare solo quella cosa ogni giorno….
Le abitudini lavorano come gli interessi composti, si moltiplicano nel tempo; la cosa importante è NON SMETTERE. Infatti non bisogna mai saltare due volte una buona abitudine. Non è l’errore singolo che rovina, ma gli errori reiterati che portano a perdere i vantaggi accumulati fino a quel momento.
Dopo aver valutato questi aspetti…, allora possiamo iniziare a mettere mano al meccanismo dell’ABITUDINE che plasma le nostre vite. Questo si compone di quattro fasi:
1)Per prima cosa un’abitudine nasce uno stimolo. Appena mi siedo sul divano, cerco il telecomando, appena entro in una stanza buia tocco la parete. Lo stimolo deve essere qualcosa di EVIDENTE. Per questo una cosa utile è collegare la nuova abitudine ad una già in essere (Abitudini iImpilate) come leggere i libri in bagno (…forse non è l’esempio giusto…) oppure come fa Guastamacchia che ha messo i pesi in bagno e la mattina appena entra per lavarsi scatta lo stimolo della ginnastica.
2) Dopo lo stimolo ci deve essere il desiderio. La nostra nuova abitudine deve essere ATTRAENTE e stimolante. Ad esempio spesso la sera quando arriviamo a casa automaticamente andiamo in cucina (stimolo evidente soprattutto se vicino alla porta di entrata), quindi apriamo il frigo che rappresenta il desiderio cioè pregustiamo le buone cose da mangiare (anche se troviamo solo una scatoletta di tonno). Le nostre nuove abitudini vanno quindi collegate a delle gratificazioni immediate in modo che stimolino il desiderio verso le stesse. Ad esempio se ci fa piacere scrollare il telefono sui social lo facciamo dopo aver letto almeno dieci pagine di un libro. In questo modo con il tempo il desiderio della lettura aumenterà perchè collegata a un piacere successivo (anche se poi il piacere della lettura supererà quello dei social…)
3)Al desiderio segue l’azione. Per realizzarla deve essere FACILE. Se per andare in palestra devo andare a cercare le scarpe da ginnastica in cantina o stirarmi la maglietta… ci rinuncio. Tornando all’esempio precedente i social hanno successo anche perchè tolgono qualsiasi “attrito” al fatto di passare del tempo con loro…. basta scrollare con le dita. Più facile di così. Per rendere facile una determinata azione bisogna togliere qualsiasi “attrito” nella sua realizzazione. Questo significa modificare l’ambiente in cui viviamo. Ad esempio vicino al letto è meglio tenere una sveglia normale piuttosto che il telefono cellulare così evitiamo di perdere subito mezz’ora nel vedere filmati, social… e altri cose inutili ma dopaminanti. Se poi, vicino al letto, ci mettiamo anche dei pesi e un tappetino oltre ad eliminare una cattiva abitudine ne aggiungiamo pure una buona.
4)Alla fine del processo bisogna avere una gratificazione che deve essere PIACEVOLE, altrimenti l’abitudine non verrà ripetuta. Nessuno vuole ridarsi una martellate sul dita… La gratificazione e il desiderio sono collegati tra loro in quanto solo se il risultato porta ad un aspetto piacevole/soddisfacente, successivamente appare il desiderio. Per questo è importante associare cose piacevoli alle nuove abitudini
Non c’è che dire questo libro ci fa comprendere come mettiamo in atto molti automatismi in ciò che facciamo. Potrebbe sembrare quasi offensivo, in effetti non siamo dei robot… tuttavia sei ci pensiamo è solo l’applicazione di una semplice regola che adottiamo inconsciamente per il risparmio energetico. Creare una abitudine ci fa agire automaticamente risparmiando così energie e volontà in aspetti che sappiamo già funzionare a nostro vantaggio o che almeno che ci danno un piacere temporaneo. Anche Steve Jobs aveva l’abitudine di vestirsi ogni giorno in maniera sempre uguale (con la famosa maglietta scura e pantaloni scuri), cosi non doveva spender energie e volontà nel decidere come vestirsi.
Effettivamente esistono quattro aspetti che andrebbero “dosati” in quanto limitati:
- il Tempo: non possiamo vivere più di 24 ore al giorno
- l’Energia: alla fine dobbiamo andare a dormire e comunque presenta i suoi picchi e sui bassi energetici
- la Volontà: anche la volontà ha dei suoi limiti e picchi, infatti spesso a fine giornata difficilmente avremo voglia di decidere su qualcosa e rimanderemo al giorno dopo
- l’Attenzione anche questa capacità è limitata e dovrebbe essere riservata alle cose importati.
Il cervello conosce questi limiti e cerca quindi di risparmiare energie creando degli automatismi che vengono definiti abitudini.
Durante le ferie possiamo riflettere su questo tema. Si può fare una “Lista delle abitudini”che ci stanno guidano e scegliere attivamente (senza lasciarci guidare dal risparmio energetico…) quali tenere, quali eliminare e quali nuove adottare.
Senz’altro la nostra vita può cambiare in meglio senza fare molti sforzi, se siamo consapevoli di questo. Possiamo magari modificare l’ambiente per facilitare le buone abitudini, eliminando eventuali “attriti”. Ad esempio possiamo rendere gli stimoli evidenti, attivare il desiderio facendolo diventare attraente, facilitare l’azione e alla fine associare qualcosa di piacevole.
Al tempo stesso dobbiamo far diventare invisibili le cattivi abitudini, allontanandole dalla vista, rendendole sgradevoli, difficili da realizzare e con un risultato poco insoddisfacente o che giudichiamo negativo per la nostra persona.
Il libro fornisce anche altri suggerimenti, anche se i concetti sono questi. Riflettere su questi aspetti iniziando a pensare alla nostra vita in maniera più consapevole e non con il pilota automatico può aiutarci a modificare il nostro ambiente e con poco impegno creare delle nuove abitudini che si trasformeranno in una nuova vita.
Personalmente sono un amante della “comfort zone”, tuttavia adesso mi rendo conto quando la ricerca della soddisfazione immediata sia una mia scelta o derivi da un comportamento automatico.
In fin dei siamo le guide di noi stessi.
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dr.Tiziano Caprara